I tempi di affidamento condiviso del minore e diritto alla bigenitorialità: Cassazione 11 luglio 2024 n. 19069

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Tempi di affidamento condiviso: tra diritto alla bigenitorialità e esigenze del minore

L’interessante pronuncia della Cassazione di seguito riportata affronta la seguente questione: a fronte del principio del diritto alla bigenitorialità del minore è legittimo che i tempi di affidamento tra padre e madre siano stabiliti in misura molto diversa?

In generale il principio della bigenitorialità impone che è interesse del minore mantenere i rapporti con entrambi i genitori dal momento della separazione. Questo principio è stato enunciato dalla giurisprudenza ma è ora contenuto espressamente all’art. 337-ter del Codice Civile, oltre che essere già previsto dall’art. 8 della CEDU.

Le specifiche condizioni del caso però possono affievolire l’applicazione di questo principio.

Nel caso oggetto della sentenza il padre si lamentava del fatto che gli fossero stati concessi degli orari di visita e di pernotto del piccolo figlio molto ristretti.

La Cassazione ha però confermato la sentenza della Corte d’appello affermando che i tempi di bigenitorialità possono essere stabiliti in modo non “paritetico” ed inoltre che l’estensione del numero di pernotti presso l’abitazione del padre non fosse conciliabile con la tenera età del figlio (appena 1 anno).

In questo senso quindi si può affermare che:

  1. Il principio generale è che siano stabiliti tempi paritetici di affidamento del minore
  2. L’età e le specifiche condizioni del figlio possono incidere sui tempi di affidamento che possono anche non essere paritetici

Leggi ancheDiritto di visita dei genitori separati: se il figlio è a disagio è sbagliato imporre le visite (Cassazione 2024)

Cassazione ordinanza 11 luglio 2024, n. 19069

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MELONI Marina – Presidente
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere Rel.
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere
Dott. RUSSO Rita Elvira Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5402/2023 R.G. proposto da:
A.A., rappresentato e difeso dall’avvocato … (c.f. Omissis) unitamente all’avvocato … (c.f. Omissis) per procura speciale allegata al ricorso – ricorrente –
contro
B.B., rappresentata e difesa dall’avvocato … (c.f. Omissis) per procura speciale allegata al controricorso – controricorrente –
nonché contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA – intimato –
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di ANCONA R.G. n. 16/2022 depositato il 26/07/2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2024 dal Consigliere CLOTILDE PARISE.

Svolgimento del processo

1.Nel procedimento di reclamo relativo all’affidamento di C.C., nato il 27.04.2020 dalla relazione tra A.A. e B.B., il Tribunale di Macerata disponeva l’affidamento condiviso del minore con collocazione presso la madre, nella sua abitazione di M, disciplinava il diritto di visita del padre e poneva a carico di quest’ultimo l’assegno, a titolo di contributo al mantenimento, di Euro 150,00 mensili, da versarsi a mani della madre entro il giorno 10 del mese di riferimento, con rivalutazione annuale Istat; il Tribunale poneva a carico di entrambi i genitori le spese straordinarie (elencate dettagliatamente) in favore del figlio, nella misura del 50% ciascuno, e prescriveva ad entrambi i genitori di seguire un percorso di aiuto alla genitorialità.

2.La Corte di Appello di Ancona, con decreto n. 654/2022 pubblicato in data 26.07.2022, pronunciando sul reclamo proposto da B.B., riformava parzialmente il decreto del Tribunale, aumentava l’assegno di mantenimento per il figlio, che stabiliva in Euro250,00 mensili, in ragione del modesto reddito della madre, e disciplinava diversamente il diritto di visita e frequentazione del minore da parte del padre. In particolare, in considerazione dell’età del minore (poco più di due anni all’epoca del giudizio di impugnazione) la Corte di merito riteneva eccessivamente prolungato il periodo di permanenza settimanale con il padre e pertanto così disponeva: ” il padre, fino al compimento del terzo anno di età del minore, potrà tenere con sé il figlio due pomeriggi alla settimana dalle ore 16.00 alle ore 20,30, da concordare fra le parti, o in mancanza, da individuarsi nei giorni di martedì e giovedì, nonché alternativamente il sabato pomeriggio, dalle ore 16,00 alle ore 20.30 , o la domenica dalle ore 9,30, alle  ore 20,30; il padre provvederà, inoltre, anche a riportare il figlio presso l’abitazione materna ove è collocato; nel periodo estivo il padre potrà tenere con sé il figlio, anche per due settimane non consecutive, senza pernottamento; durante le festività natalizie il minore rimarrà con ciascun genitore per pari periodi, senza pernottamento presso il padre; inoltre il padre potrà alternativamente tenere con sé il figlio il giorno di Natale o di S. Stefano e l’ultimo dell’anno o il primo dell’anno, e ad anni alterni il giorno dell’Epifania; durante le festività pasquali potrà tenere alternativamente con sé il figlio il giorno di Pasqua o quello del Lunedì dell’Angelo; dopo il compimento del terzo anno di età del minore la suindicata disciplina verrà integrata con un pernottamento infrasettimanale e uno nel fine settimana in cui il minore rimane con il padre nonché nei periodi consecutivi delle vacanze natalizie e del periodo estivo”.

3. Avverso questo decreto A.A. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, resistito con controricorso da B.B.

4. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.

Motivi della decisione

1. Il ricorrente denuncia:

i) con il primo motivo la contraddittorietà e la illogicità del decreto impugnato, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 337-ter cod. civ e dell’art. 132 cod. proc. civ., ritenendo le modalità di visita del padre contrarie al principio della bigenitorialità e pregiudizievoli per il minore; ad avviso del ricorrente le modalità di visita stabilite dalla Corte d’Appello contrastano la crescita serena e armoniosa del figlio, privandolo del soggiorno presso l’abitazione paterna quale casa familiare, ove il bimbo aveva vissuto sino alla separazione con entrambi i genitori, erroneamente, invece, individuata dalla Corte d’Appello nella casa della nonna materna ove attualmente vive il minore; denuncia, inoltre, la violazione degli artt. 3, 6, 12, 16, 19 della Convenzione internazionale di New York, nonché richiama la giurisprudenza della Corte EDU, sul rispetto della vita familiare di cui all’art. 8 CEDU, secondo cui le autorità nazionali sono invitate ad adottare tutte le misure atte ad assicurare il mantenimento dei legami tra il genitore ed i figli, affermando che “per un genitore e suo figlio, stare insieme costituisce un elemento fondamentale della vita familiare” (Kutzner c. Germania, n. 46544/99, CEDU 2002) e che “le misure interne che lo impediscono costituiscono una ingerenza nel diritto protetto dall’art. 8 della Convenzione” (K. E T. Finlandia n. 25702/94, CEDU 2001;

ii)con il secondo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 337-ter cod. civ., dell’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 cod. proc. civ., lamentando l’omessa motivazione circa il potenziale pregiudizio al minore derivante dai pernottamenti presso il padre; rimarca che il diritto di visita, come disposto dalla Corte di appello, non consente di preservare la relazione genitoriale che si esplica condividendo momenti e/o situazioni fondamentali per la crescita del figlio, nell’ interesse precipuo di questi anche con i pernottamenti presso l’abitazione del padre;

iii) con il terzo motivo l’omessa valutazione della circostanza di fatto relativa alla distanza tra la casa familiare paterna in S e la casa materna in M, anche in relazione all’aumentato contributo al mantenimento, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 cod. proc. civ.; a parere del ricorrente la distanza di circa un’ora tra le due abitazioni, nonché l’obbligo di prendere e portare il minore posto totalmente a carico del padre svuota nella sostanza il diritto di visita dell’odierno ricorrente, atteso che la notevole distanza tra le abitazioni dei genitori comporta la violazione del diritto del minore di vedersi garantito l’habitat familiare presso la casa paterna; deduce che i ristretti tempi di visita concessi (dalle 16 alle 20,30) e le limitazioni dei pernotti, costringono padre e figlio a frequentarsi nell’autovettura, lungo il tragitto, o in alternativa all’interno di un centro commerciale o in abitazioni promiscue, dove la cena del minore viene consumata in luoghi tutt’altro che confacenti all’habitat familiare e peggio ancora alla sua età; rimarca altresì il considerevole aumento delle spese di viaggio, poste unicamente a suo carico;

iv) con il quarto motivo l’erronea e/o falsa applicazione dell’art. 92, comma 2, cod. proc. civ., per avere la Corte di appello erroneamente condannato l’odierno ricorrente alla rifusione delle spese dei due gradi di giudizio, pur a fronte ad una duplice “piena parziale e reciproca” soccombenza delle parti, tanto nel primo quanto nel secondo grado, mentre il Tribunale aveva disposto la compensazione delle spese; la Corte di merito, invece, nonostante la reciproca soccombenza anche nella fase del reclamo, aveva condannato erroneamente l’odierno ricorrente a rifondere le spese di entrambi i gradi di giudizio senza fornire un minimo di motivazione, costituzionalmente necessaria, per comprendere i motivi che avrebbero portato a disattendere il principio di diritto sancito dall’art. 92, comma 2, cod. proc. civ.. 2. I motivi primo, secondo e terzo, da esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, sono inammissibili. Premesso che il ricorrente denuncia sostanzialmente la violazione del principio di bigenitorialità e il decreto di cui trattasi, in quanto decisorio e definitivo rebus sic stantibus, è impugnabile in sede di legittimità (Cass. S.U. 22423/2023), le censure, per un verso, non si confrontano con il percorso argomentativo del provvedimento impugnato e, per altro verso, sollecitano impropriamente il riesame del merito mediante l’apparente denuncia di vizi di violazione di legge e motivazionali.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte condiviso dal Collegio, in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di
legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (da ultimo Cass. 10927/2024).

I giudici di merito, con motivazione chiara, comprensibile e congrua (Cass. S.U. 8053/2014), hanno ritenuto che i tempi di bigenitorialità “paritetici” e l’estensione dei pernotti presso l’abitazione del padre non fossero conciliabili con la tenera età del figlio, che al momento della presentazione del ricorso in primo grado aveva appena mesi 16 di vita ed era ancora allattato al seno dalla madre. La Corte di merito, nel disporre l’affidamento condiviso, ha in ogni caso assicurato al padre non convivente prevalentemente la visita ed il prelievo con sé del bambino durante il fine settimana in via alternata e per due pomeriggi infrasettimanali, oltre ai quotidiani collegamenti audio/video, e anche in ordine a tutte le altre festività, ricorrenze e periodi feriali. La stessa Corte di merito ha anche dato una indicazione per il futuro, affermando nel decreto impugnato che, all’età di tre anni del figlio (nato il 27- 4-2020), i pernotti presso il padre saranno instaurati come regola (“con un pernottamento infrasettimanale e uno nel fine settimana in cui il minore rimane con il padre nonché nei periodi consecutivi delle vacanze natalizie e del periodo estivo sia nel fine settimana alternato”).

Per contro il ricorrente, rimarcando una serie di aspetti a suo dire non adeguatamente considerati, svolge in realtà delle critiche dirette a sostenere un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale e a chiedere una rivalutazione dei fatti.

3. Anche il quarto motivo è inammissibile. La doglianza è espressa in modo del tutto generico, poiché il ricorrente non esplicita compiutamente le ragioni a sostegno della dedotta piena, parziale e reciproca’ soccombenza, tale da giustificare la compensazione delle spese di lite. L’applicazione del principio generale della soccombenza ex art. 96 cod. proc. civ. non necessità di specifica motivazione e le pretese avanzate in sede di reclamo dalla madre (esclusione del pernottamento del figlio presso l’abitazione del padre ed aumento del contributo di mantenimento per il minore) sono state accolte, in parziale riforma del decreto del Tribunale, il che ha giustificato anche la nuova regolazione delle spese di lite del giudizio di primo grado (tra le tante Cass. 14916/2020).

4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002 , deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto (Cass. S.U. n.5314/2020).

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori, come per legge.

La separazione e l’affido del minore fuori e nel giudizio civile

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Per evitare dispute legali è sempre una buona regola rivolgersi a un professionista per un parere. Nelle controversie familiari si parte sempre con il piede di guerra, ma molto spesso si riesce ad arrivare a un accordo tra le parti.

E’ possibile anzitutto verificare la disponibilità dell’altra parte a raggiungere un accordo stragiudiziale tramite la procedura della negoziazione assistita familiare tra avvocati. Questa permette di raggiungere un accordo che ha lo stesso valore della sentenza del tribunale (infatti dovrà essere omologato dal tribunale) ma ha un costo ridotto e permette di stabilire secondo la reale volontà delle parti le condizioni anziché lasciare che sia il tribunale a stabilirle, spesso in modo standard.

Se l’accordo fallisse sarà poi sempre possibile avviare un giudizio ordinario avanti il tribunale competente per tutelare i diritti del genitore nei confronti dei propri figli.

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