L’installazione di telecamere di sicurezza nella propria abitazione non viola la privacy dei vicini: Cassazione 2024

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Telecamere di sicurezza private e diritto alla privacy dei vicini

La causa oggetto della decisione ha origine dalle lamentele di alcuni vicini di casa di un proprietario che aveva deciso di installare davanti la propria porta delle telecamere di sicurezza. Queste telecamere riprendevano però anche una porzione di strada su cui i vicini vantavano un diritto di servitù e utilizzavano come passaggio per raggiungere la propria abitazione. I vicini quindi si lamentano che la telecamera così installata violi la loro privacy nonché il loro diritto di utilizzare il passaggio per raggiungere la propria casa senza essere osservati da occhi indiscreti.

Anzitutto è necessario ricordare che il trattamento dei dati personali che viene effettuato mediante l’uso di sistemi di videosorveglianza (appunto una telecamera, anche se ad uso privato) è soggetta all’applicazione delle disposizioni generali in tema di protezione dei dati personali: quindi si applica il cd. Codice della privacy. In generale, infatti, la raccolta, la registrazione, la conservazione e, in generale, l’utilizzo di immagini configurano anche autonomamente considerate, forme di trattamento di dati personali (art. 4, comma 1, lett. b), del Codice). L’ immagine di una persona, quando in qualche modo venga visualizzata o impressa, può pertanto costituire un “dato personale” ai sensi dell’art.4. lett. b) del Codice.

Ma nel caso dell’installazione di telecamere di sicurezza private non si applicano le regole generali per il trattamento dei dati, ma delle regole specifiche del Codice relative al “trattamento di dati personali effettuato da persone fisiche per fini esclusivamente personali”, che si configura quando i dati raccolti non sono comunicati sistematicamente a terzi oppure diffusi.

In quest’ultimo caso si deve applicare la particolare disciplina contenuta nell’art. 5 comma 3 del Codice, la quale prevede che:

  • è sempre ammesso il risarcimento del danno, anche non patrimoniale, derivato dall’illegittimo trattamento dei dati personali
  • si devono rispettare gli obblighi di sicurezza per il trattamento dei dati personali previsti all’art. 31 del Codice

La Cassazione concludendo ha quindi ritenuto che la telecamera di sicurezza installata dal privato per sorvegliare la porta di accesso alla propria abitazione fosse legittima in quanto installata nel rispetto dei criteri e dei principi relativi al trattamento dei dati personali per fini esclusivamente personali. Ha ritenuto quindi che non si dovessero applicare le regole relative all’installazione di telecamere nel condominio perché non si trattava della sorveglianza di un’area comune condominiale.

Leggi anche: Telecamere nel condominio? Il diritto alla privacy

Quali sono i criteri da rispettare per il corretto trattamento dei dati personali a uso personale?

La Cassazione è andata oltre alla mera decisione del caso in oggetto e ha anche ricordato quali sono i principi che devono essere rispettati per l’installazione di telecamere di sicurezza ad uso esclusivamente personale. In particolare si ritengono legittimi in quanto conformi al dettato dell’art. 5 comma 3 del Codice della privacy:

  • tutti gli strumenti di videosorveglianza idonei a identificare coloro che si accingono ad entrare in luoghi privati (ad esempio: videocitofoni o altre apparecchiature che rilevano immagini o suoni, anche tramite registrazione), oltre a sistemi di ripresa installati nei pressi di immobili privati ed all’ interno di condomini e loro pertinenze (quali posti auto e box).

L’installazione di questi strumenti deve però rispettare alcuni criteri per evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.):

  • l’angolo visuale delle riprese deve essere comunque limitato ai soli spazi di esclusiva pertinenza di colui che effettuata il trattamento (ad esempio antistanti l’accesso alla propria abitazione)
  • si deve escludere ogni forma di ripresa, anche senza registrazione di immagini, relativa ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, garage comuni) oppure ad ambiti antistanti l’abitazione di altri condomini

Ne consegue che l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza, se installati in violazione di questi criteri, può determinare, in relazione al posizionamento degli apparecchi e della qualità delle
immagini un trattamento di dati personali illegittimo.

Utile per aggirare ulteriori dubbi può essere confrontare le “Linee guida 3/2019 sul trattamento dei dati personali attraverso dispositivi video” (versione 2.0.) che sono state adottate dall’European Data Protection Board (EDPB).

Leggi anche: Cosa è una servitù?

Il bilanciamento di interessi tra l’acquisizione del consenso e la tutela della proprietà privata

Il Garante dei dati personali ha peraltro preso atto che esistono alcuni casi in cui l’impiego di strumenti di videosorveglianza (come nel caso qui in commento) è legittimato pur senza raccogliere il preventivo consenso del proprietario dei dati personali.

In questi casi, infatti, la possibilità di acquisire il consenso risulta in concreto limitata dalle caratteristiche stesse dei sistemi di rilevazione. Per questo il Garante ha ritenuto di dare attuazione ad un bilanciamento di interessi (art. 24, comma 1, lett. g), del Codice) individuando dei casi in cui la rilevazione delle immagini, sempre però con esclusione della diffusione, può avvenire senza consenso. Le riprese devono però essere effettuate nell’ intento di perseguire un legittimo interesse del titolare o di un terzo attraverso la raccolta di mezzi di prova o perseguendo fini di tutela di persone e beni rispetto a possibili aggressioni, furti, rapine, danneggiamenti, atti di vandalismo, o finalità di prevenzione di incendi o di sicurezza del lavoro.

I casi previsti sono due:

  1. Videosorveglianza (con o senza registrazione delle immagini): questi trattamenti sono ammessi in presenza di concrete situazioni che giustificano l’ installazione, a protezione delle persone, della proprietà o del patrimonio aziendale. Può consistere nell’uso di strumenti volti a riprendere, con o senza registrazione delle immagini, aree esterne ad edifici e immobili (perimetrali, adibite a parcheggi o a carico/scarico merci, accessi, uscite di emergenza), resta fermo che il trattamento debba essere effettuato con modalità tali da limitare l’angolo visuale all’area effettivamente da proteggere, evitando, per quanto possibile, la ripresa di luoghi circostanti e di particolari che non risultino rilevanti (vie, edifici, esercizi commerciali, istituzioni ecc.);
  2. Riprese nelle aree condominiali comuni, qualora i trattamenti siano effettuati dal condominio, anche per il tramite della relativa amministrazione (vedi anche l’art. 1122ter c.c.).

Come tutelarsi?

Se sorgessero controversie sull’utilizzo di telecamere di sicurezza da parte di privati è possibile tutelarsi facendo ricorso a vari sistemi a seconda della gravità della situazione, delle caratteristiche del caso e dello scopo che si vuole raggiungere.

Anzitutto è possibile ricorrere alla mediazione civile che è uno strumento con costi contenuti che permette di trovare un accordo stragiudiziale senza ricorrere al giudizio avanti il Tribunale. Questo è uno strumento efficace che permette di avere degli sgravi fiscali considerevoli. Inoltre, qualora dovesse fallire, il comportamento tenuto dalle parti in mediazione verrà valutato nella successiva causa civile avanti il Tribunale da cui potrà derivarne la condanna alle spese.

Trattandosi di materia legata al Codice della privacy è inoltre sempre possibile fare una segnalazione al Garante per la privacy (modello di reclamo) il quale valuterà in modo autonomo l’eventuale violazione del diritto alla privacy del reclamante.

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