Indice:
- Tabelle millesimali condominiali: quale quorum per l’approvazione?
- Le eccezioni alla regola: quando è sufficiente la maggioranza?
- E per la revisione dei valori?
- Estensione della regola alle tabelle di spesa
- Come agire per tutelarsi se l’assemblea non rispetta le regole o si teme un’impugnazione pretestuosa?
Tabelle millesimali condominiali: quale quorum per l’approvazione?
La sentenza è qui di seguito scaricabile: Trib Bergamo sentenza 2319 2023
Il Tribunale di Bergamo ha stabilito con la propria sentenza il seguente principio di diritto: “In tema di condominio, la formazione, modifica, rettifica e revisione delle tabelle millesimali non richiede l’approvazione della maggioranza qualificata di cui all’articolo 1136, comma 2, del Cc, ma il consenso unanime dei condòmini espresso in seduta totalitaria come prescritto dall’articolo 69 delle disposizioni di attuazione del Cc come rinnovellato dalla legge n. 220/2012. Pertanto è annullabile la delibera assembleare che le abbia approvate a maggioranza”.
Nonostante l’apparente semplicità della massima formulata dal Tribunale, in realtà sotto ad essa soggiace un vivace dibattito sul quorum necessario in assemblea condominiale per l’approvazione di nuove tabelle millesimali. Infatti in molti Tribunali d’Italia si continua ad applicare un orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 2010, quindi precedente alla riforma legislativa intervenuta nel 2012.
Nel 2010 infatti la sentenza n. 18477 delle Sezioni Unite aveva stabilito che per approvare le tabelle millesimali condominiali si sarebbe dovuto applicare il combinato disposto degli articoli 1136, comma 2, e 1138, comma 3, del c.c. In questo senso, era dunque sufficiente per l’approvazione che si raggiungesse un quorum superiore alla metà del valore dell’edificio e non più l’unanimità.
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La seguente riforma legislativa del 2012 ha poi modificato l’art. 69 delle disposizioni di attuazione del c.c. il quale attualmente prevede: “I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all’articolo 68 possono essere rettificati o modificati all’unanimità“. In questo modo si è cercato di porre fine al precedente dibattito sul quorum necessario prescrivendo una volta per tutte la necessità di approvare all’unanimità ogni modifica che riguardi le tabelle millesimali condominiali.
Le eccezioni alla regola: quando è sufficiente la maggioranza?
La riforma legislativa del 2012, modificando l’art. 69 delle disposizioni di attuazione del c.c. e sancendo il requisito dell’unanimità, ha però introdotto anche delle correzioni a questo rigido meccanismo che, in alcuni casi specifici, potrebbe comportare delle ingiustizie e delle inutili opposizioni ad opera di alcuni condòmini quando l’approvazione di nuove tabelle millesimali si rende necessaria.
I commi successivi dell’art. 69 delle disposizioni di attuazione del c.c. prevedono infatti che sia possibile approvare le tabelle millesimali condominiali a maggioranza qualificata, cioè con la maggioranza prescritta dagli articoli 1136, comma 2, e 1138, comma 3, c.c. quando:
- quando risulta che sono conseguenza di un errore
- quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione
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Questo significa che nei casi in cui le tabelle siano state redatte sulla base di errori materiali o di calcolo, oppure quando le tabelle non rispecchino più la reale consistenza delle singole unità immobiliari interne al condominio, queste potranno essere modificate, revisionate, approvate a maggioranza qualificata e non all’unanimità.
E per la revisione dei valori?
Se si rende necessario solamente una revisione dei valori proporzionali delle singole unità immobiliari interne al condominio la legge prescrive che sia possibile convenire in giudizio il solo amministratore di condominio, il quale, di conseguenza, sarà obbligato a darne notizia a tutta l’assemblea per procedere.
Così stabilisce il comma 3 dell’art. 69 delle disposizioni di attuazione del c.c.: “ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio ai sensi dell’articolo 68, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini“.
Peraltro, trattandosi di un diritto che spetta a ciascun condòmino, se l’amministratore rimane inadempiente nel darne notizia all’assemblea per procedere con la revisione potrà essere revocato e sarà tenuto a risarcire l’eventuale danno che ne derivi: “L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni“.
Estensione della regola alle tabelle di spesa
L’ultimo comma dell’art. 69 delle disposizioni di attuazione del c.c. prevede infine che queste regole sopra descritte si applichino allo stesso modo anche per le tabelle di spesa condominiali.
Queste le parole utilizzate dal codice: “Le norme di cui al presente articolo si applicano per la rettifica o la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali“.
In questo senso le tabelle di spesa potranno essere modificate a maggioranza qualificata quando risultino essere conseguenza di un errore o perché non corrispondenti alla realtà, mentre se la necessità di approvarne di nuove risulti quale scelta volontaria dei condòmini allora sarà necessaria l’approvazione all’unanimità.
Come agire per tutelarsi se l’assemblea non rispetta le regole o si teme un’impugnazione pretestuosa?
Se l’assemblea condominiale non rispettasse le regole previste e sopra descritte per l’approvazione di nuove tabelle millesimali o per le tabelle di spesa, è necessario procedere con solerzia all’impugnazione della delibera avanti il Tribunale. La legge infatti stabilisce un termine di 30 giorni per impugnare le delibere in caso di annullabilità.
Se invece la delibera non fosse ancora stata approvata e si fosse nel dubbio se applicare la disciplina prevista per l’unanimità o per la maggioranza, è possibile fare ricorso a un procedimento di ATP (accertamento tecnico preventivo) che permette di determinare con una consulenza tecnica avanti il Tribunale il regime che deve applicarsi per poi comportarsi di conseguenza e difendersi da eventuali contestazioni altrui.
Infine, se nessun accordo tra i condòmini fosse possibile si potrà avviare una mediazione civile che ha dei costi ridotti per poter tentare di raggiungere un accordo stragiudiziale. Se questo non fosse possibile o le altre parti non volessero partecipare alla mediazione questa sarà comunque utile per la successiva causa civile in quanto il comportamento viene valutato al fine di attribuire il pagamento delle spese di giudizio.
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