Servitù ad uso pubblico: la strada è pubblica o privata? I criteri legali e i diritti dei cittadini

Indice:

Strade pubbliche o private?

Il diritto che disciplina i criteri per distinguere tra strade pubbliche e private si compone di una serie di leggi e norme diverse tra loro.

Anzitutto esiste ed è in parte ancora in vigore la legge sui lavori pubblici n. 2248 del 20/3/1865 (allegato F) che stabilisce alcuni principi generali tra cui, ad es., l‘art. 22 fissa una presunzione di appartenenza delle strade all’ente statale in cui effettivamente si trovano. Ancora, gli artt. 52 e ss. disciplinano le strade cd. “vicinali”. Sempre in materia di strade vicinali un’unica disposizione è ancora in vigore della legge n. 126 del 12/2/1958.

La parte più consistente della disciplina è invece confluita nel nuovo codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 30/4/1992 e ss. mm.). Nello specifico, la classificazione delle strade è contenuta all’art. 2 del codice della strada dove sono indicate tutte le diverse tipologie di strade.

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La cd. “strada vicinale”

Il nuovo codice della strada definisce così all’art. 3 n. 52 le strade vicinali: “strada privata fuori dai centri abitati ad uso pubblico“.

Successivamente sono stati individuati 3 criteri che devono riscontrarsi per poter definire “vicinale”, cioè ad uso pubblico, una strada:

  1. l’effettività del passaggio esercitato iure servitutis publica da una collettività di persone
  2. la concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di carattere generale
  3. l’esistenza di un valido titolo che possa sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico

Quando si agisce in giudizio per dimostrare che una determinata strada sia pubblica bisogna perciò dimostrare la sussistenza di questi tre requisiti.

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Il diritto di servitù ad uso pubblico

Il diritto di servitù ad uso pubblico si configura come un diritto reale di godimento che attribuisce a una collettività e/o alla pubblica amministrazione il diritto di fruizione e di accesso su un bene immobile appartenente a un soggetto privato, ad esempio appunto una strada.

Tale diritto implica l’obbligo per il proprietario del fondo gravato di tollerare l’utilizzo da parte di terzi del bene su cui ricade la servitù per fini di pubblica utilità, come ad es. il transito pedonale o di mezzi. Ma potrebbe configurarsi ancora per l’accesso a fonti d’acqua pubbliche o per l’installazione di impianti di servizio.

La costituzione di una servitù ad uso pubblico avviene attraverso una procedura legale specifica, che prevede generalmente la delimitazione dei confini e la determinazione delle modalità di utilizzo, nel rispetto dei principi di interesse generale e di equità tra i privati e la collettività.

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Il caso affrontato dall’ordinanza n. 1269/2024

Nel caso oggetto dell’ordinanza qui analizzata si tratta di un ricorso presentato da alcuni abitanti di un quartiere fuori dal centro storico di Trieste che vendicavano il diritto di servitù ad uso pubblico di una strada che fino a quel momento era rimasta privata di proprietà di una scuola, la quale per interrompere il passaggio e il parcheggio delle auto esterne aveva messo delle transenne a inizio della strada.

La Corte di legittimità ha però rigettato il ricorso degli abitanti dando ragione alla scuola. In questo caso infatti ha ritenuto che gli abitanti non avessero dato prova della sussistenza dei tre requisiti che abbiamo visto sopra, cioè: l’effettività del passaggio esercitato iure servitutis publica da una collettività di persone, la concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di carattere generale e l’esistenza di un valido titolo che possa sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico.

Il principio che ha ribadito anche in questa occasione la Cassazione è dunque il seguente: “per giurisprudenza consolidata della Suprema Corte affinchè un’area privata possa ritenersi assoggettata ad una servitù pubblica di passaggio, del resto, e necessario, oltre all’intrinseca idoneità del bene, che l’uso avvenga ad opera di una collettività di persone e per soddisfare un pubblico, generale interesse, per cui deve escludersi l’uso pubblico quando il passaggio venga esercitato soltanto dai proprietari di determinati fondi in dipendenza della particolare ubicazione degli stessi, o da coloro che abbiano occasione di accedere ad essi per esigenze connesse alla loro privata utilizzazione“.

Come tutelare i propri diritti

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Per poter tutelare i propri diritti di proprietario si potrà avviare una mediazione civile che ha dei costi ridotti per poter tentare di raggiungere un accordo stragiudiziale. Questa è fondamentale perché svolge l’importante funzione di interrompere il decorso dei termini di decadenza e di prescrizione dei diritti.

Inoltre, questa procedura permette di raggiungere un accordo che ha lo stesso valore di una sentenza del tribunale.

Se questo accordo non fosse però possibile o le altre parti non volessero partecipare alla mediazione questa sarà comunque utile per il successivo giudizio ordinario civile in quanto il comportamento viene valutato al fine di condannare al pagamento delle spese di giudizio.

In alternativa, è sempre possibile ricorrere a forme cautelari che permettono di comprendere in anticipo se la causa potrà essere vinta o persa: parlo dell’ATP o accertamento tecnico preventivo che permette di svolgere una consulenza tecnica prima di entrare in causa, ma che sarà utilizzabile nel futuro giudizio di merito.

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