Revisione delle tabelle millesimali condominiali: la recente sentenza Tribunale di Milano 7/5/2024

Indice:

Tabelle millesimali condominiali: oggetto e funzione

Le tabelle millesimali condominiali sono strumenti giuridici utilizzati per ripartire le spese e i diritti di ciascun condomino in un edificio condominiale. Queste tabelle attribuiscono a ciascuna unità immobiliare una quota espressa in millesimi (da cui il nome “millesimali”) rispetto al valore complessivo dell’edificio.

Le tabelle millesimali servono principalmente a:

  • Ripartire le spese comuni: stabiliscono la quota che ciascun condomino deve pagare per le spese relative alle parti comuni dell’edificio (come la manutenzione dell’ascensore, il riscaldamento centralizzato, ecc.).
  • Determinare i diritti di voto: alcune decisioni assembleari richiedono maggioranze calcolate anche in base ai millesimi di proprietà.

Il Codice Civile disciplina le tabelle millesimali principalmente negli articoli 1118 e 1123.

  • Art. 1118 c.c.: Stabilisce che il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni è proporzionato al valore dell’unità immobiliare di sua proprietà.
  • Art. 1123 c.c.: Dettaglia i criteri di ripartizione delle spese comuni. Le spese necessarie per la conservazione e il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.

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Revisione delle tabelle millesimali condominiali: le regole per l’approvazione

Riassumiamo qui i principi che abbiamo già affrontato in questo precedente articolo.

In generale le tabelle millesimali possono essere approvate all’unanimità. Questo è stabilito dall’art. 69 delle disposizioni di attuazione del c.c.: “I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all’articolo 68 possono essere rettificati o modificati all’unanimità“.

Sempre l’art. 69 disp. att. c.c. stabilisce però che è possibile la revisione delle tabelle millesimali condominiali a maggioranza qualificata quando i valori da esse risultanti sono “conseguenza di un errore” oppure perché “per le mutate condizioni di una parte dell’edificio (…) è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino”. 

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Il caso oggetto della sentenza 7/5/2024 Tribunale di Milano

Una parte ricorreva al Tribunale per accertare l’erroneità dei valori espressi dalle tabelle millesimali e ottenerne la loro revisione. I condomini sostenevano con una perizia di parte che il valore espresso dalla tabella non era conforme a quello reale.

Il condominio, convenuto, replicava invece che le tabelle millesimali erano state specificamente approvate dai condomini acquirenti dell’immobile che con la compravendita della casa avevano anche accettato il regolamento condominiale e le relative tabelle. In questo senso intendeva che le tabelle hanno natura contrattuale e per questo possono essere modificate solo all’unanimità.

L’errore che giustifica la revisione delle tabelle ex art. 69 disp. att. c.c.

La Corte di Cassazione ha più volte precisato cosa si deve intendere per “errore” ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c. per permettere la revisione delle tabelle millesimali condominiali a maggioranza qualificata.

Queste le parole del Supremo Collegio: “l’errore che, in forza dell’art. 69 disp. att. c.c., giustifica la revisione delle tabelle millesimali, non coincide con l’errore vizio del consenso, di cui agli artt. 1428 e ss. c.c., ma consiste, per l’appunto, nella obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed il valore proporzionale ad esse attribuito” (Cass., 26/3/2010, n. 7300).

La Cassazione ha anche precisato come si deve indicare nel ricorso l’esistenza di questo errore: “la parte che chiede la revisione delle tabelle millesimali non ha, peraltro, l’onere di provare la reale divergenza tra i valori effettivi e quelli accertati in tabella, potendo limitarsi a fornire la prova anche implicita di siffatta divergenza, dimostrando in giudizio l’esistenza di errori, obiettivamente verificabili, che comportano necessariamente una diversa valutazione dei propri immobili rispetto al resto del condominio. Il giudice, a sua volta, sia per revisionare o modificare le tabelle millesimali di alcune unità immobiliari, sia per la prima caratura delle stesse, deve verificare i valori di tutte le porzioni, tenendo conto di tutti gli elementi oggettivi – quali la superficie, l’altezza di piano, la luminosità, l’esposizione – incidenti sul valore effettivo di esse e, quindi, adeguarvi le tabelle, eliminando gli errori riscontrati” (Cass., 25/9/2013, n. 21950).

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Se il regolamento ha natura contrattuale serve l’unanimità?

Il Tribunale di Milano chiamato a dirimere la controversia applica correttamente i principi di diritto stabiliti dalla Corte di Cassazione.

Capita molto spesso che il regolamento condominiale sia già esistente quando una persona acquista un appartamento condominiale. In questo caso si parla di regolamento condominiale originario o “atto pilota”.

Capita anche che il regolamento venga modificato rispetto a quello originariamente previsto dal costruttore. In questo secondo caso si parla di regolamento condominiale di natura contrattuale perché con esso i condomini si sono accordati per applicare delle regole diverse rispetto a quelle previste dal codice civile.

La Cassazione però distingue due casi: 1) quello in cui i condomini abbiano accettato il regolamento condominiale con dichiarazione espressa di deroga ai principi di diritto stabiliti dal codice civile 2) quello in cui i condomini abbiano accettato il regolamento condominiale semplicemente.

Queste le parole della Cassazione (Cassazione, ordinanza 25/1/2018 n. 1848):

  1. soltanto qualora i condomini, nell’esercizio della loro autonomia, abbiano espressamente dichiarato di accettare che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme da quanto previsto negli artt.1118 c.c. e 68 disp. att. c.c., dando vita alla “diversa convenzione” di cui all’art. 1123, comma 1, c.c., la dichiarazione di accettazione ha valore negoziale e, risolvendosi in un impegno irrevocabile di determinare le quote in un certo modo, impedisce di ottenerne la revisione ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c., la quale, come visto, attribuisce rilievo esclusivamente alla obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari dell’edificio ed il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle“.
  2. “Ove, invece, tramite l’approvazione della tabella, anche in forma contrattuale (mediante la sua predisposizione da parte dell’unico originario proprietario e l’accettazione degli iniziali acquirenti delle singole unità immobiliari, ovvero mediante l’accordo unanime di tutti i condomini), i condomini stessi intendano (come, del resto, avviene nella normalità dei casi) non già modificare la portata dei loro rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio, bensì determinare quantitativamente siffatta portata (addivenendo, così, alla approvazione delle operazioni di calcolo documentate dalla tabella medesima), la semplice dichiarazione di approvazione non riveste natura negoziale

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Conseguenze pratiche

I principi stabiliti dalla Corte di Cassazione e applicati dal Tribunale di Milano hanno un’importante applicazione pratica.

Significano che si devono distinguere due casi:

  1. Se il regolamento condominiale è stato semplicemente accettato come metodo di quantificazione delle proporzioni condominiali, allora il regolamento approvato non ha natura contrattuale e si possono rivedere i valori delle tabelle millesimali con approvazione a maggioranza qualificata
  2. Se il regolamento condominiale è stato approvato con espresso intento di derogare al metodo di attribuzione dei valori condominiali previsto dal codice civile, allora il regolamento ha natura contrattuale e le tabelle potranno essere riviste o modificate solo all’unanimità.

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Come agire per tutelare i propri diritti a fronte di una delibera nulla o annullabile?

Lo Studio Ticozzi Sicchiero & Partners offre la propria assistenza anche in materia condominiale e immobiliare, sia per la gestione del contenzioso sia per la redazione degli atti utili ad evitarlo.

Sia nel caso in cui l’assemblea condominiale adotti una delibera nulla sia nel caso che ne adotti una annullabile, è necessario procedere con solerzia all’impugnazione della delibera avanti il Tribunale. La legge infatti stabilisce un termine di 30 giorni per impugnare le delibere in caso di annullabilità.

Per poter tutelare i propri diritti di condomino si potrà avviare una mediazione civile che ha dei costi ridotti per poter tentare di raggiungere un accordo stragiudiziale. Questa è fondamentale perché svolge l’importante funzione di interrompere il decorso dei termini di decadenza dell’impugnazione della delibera salvando i diritti della persona.

Inoltre, questa procedura permette di raggiungere un accordo che ha lo stesso valore di una sentenza del tribunale.

Se questo accordo non fosse però possibile o le altre parti non volessero partecipare alla mediazione questa sarà comunque utile per il successivo giudizio civile in quanto il comportamento viene valutato al fine di condannare al pagamento delle spese di giudizio.

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