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Le installazioni fatte a casa propria: le regole di decoro del condominio
Ristrutturare il proprio balcone, sostituire le vecchie tende con nuove di diverso colore, ridipingere la facciata esterna del proprio appartamento, sistemare il giardino comune o sostituire il vecchio corrimano delle scale. Sono tutte operazioni che riguardano il decoro architettonico del Condominio e, anche quando l’intervento concerne parti private, il singolo condomino può essere obbligato a ottenere l’approvazione dell’assemblea condominiale prima di iniziare i lavori.
Sono numerose infatti le liti condominiali che giungono nelle aule di Tribunale riguardanti l’obbligo per il singolo condomino di passare per l’approvazione dell’assemblea condominiale prima di poter svolgere lavori nel proprio appartamento.
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Quando serve l’autorizzazione dell’assemblea condominiale?
Per poter comprendere quali sono i propri diritti e come esercitarli correttamente bisogna anzitutto conoscere la distinzione tra opere che riguardano cose comuni da quelle che riguardano spazi privati o ad uso individuale (è spiegato meglio qui).
La legge prevede infatti dei precisi obblighi sia per i condomini che per l’amministratore del condominio, che hanno lo scopo di garantire la sicurezza e il decoro dell’edificio.
In generale i condomini possono svolgere tutte quelle opere che non arrechino pregiudizio alle parti comuni, alla sicurezza, alla stabilità o, appunto, al decoro architettonico dell’edificio (artt. 1102, 1120 e 1122 c.c.).
Si deve quindi distinguere quando è necessaria l’approvazione dell’assemblea Condominiale e quando invece non serve..
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Le diverse ipotesi
1. Riguardo le modifiche estetiche di parti comuni: ogni condomino può proporre all’amministratore di svolgere determinate opere, ma devono essere poi approvate con delibera dell’assemblea condominiale (art. 1120 co. 2 e 3 c.c.).
Una volta approvate tutti i condomini devono partecipare proporzionalmente alle relative spese. Ad es. opere di tinteggiatura delle facciate o di restauro del tetto oppure ancora d’intervento nel giardino comune.
2. Per le modifiche estetiche di parti private: in generale ogni condomino ha il diritto di eseguire opere dandone semplicemente notizia all’amministratore di Condominio, senza quindi l’obbligo di ottenere l’approvazione dall’assemblea condominiale (artt. 1102 e 1122 c.c.).
Il Regolamento di Condominio può però stabilire delle regole diverse…
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Le eccezioni del regolamento condominiale
I condomini possono approvare un Regolamento Condominiale che stabilisca degli obblighi diversi da quelli più generali che impone la legge, e sono i casi più frequenti!
Il Regolamento può infatti prevedere che i singoli condomini non possano realizzare opere che modifichino l’estetica e il decoro del Condominio se non autorizzate.
Di recente la Cassazione ha giudicato un caso in cui un condomino aveva impugnato una delibera condominiale che gli aveva impedito di ampliare il proprio appartamento considerando l’intervento troppo “invasivo per l’estetica e l’unità del complesso”!
In questo caso l’art. 13 del regolamento condominiale prevedeva che “i condomini si obbligano reciprocamente a richiedere il parere vincolante della assemblea per i lavori da svolgere nelle parti private che riguardano la facciata dell’edificio e le parti esterne che concorrono all’estetica ed al decoro dell’intero immobile”.
Qui la Suprema Corte ha giudicato che il Regolamento poneva effettivamente l’obbligo per ogni condomino di ottenere l’autorizzazione dell’assemblea per poter svolgere lavori anche privati.
Questa la motivazione: “non è quindi ex se contraria a legge nè al regolamento, ed in particolare al menzionato art. 13 del regolamento del Condominio …, agli effetti dell’art. 1137 c.c., la delibera impugnata, che rigettava la richiesta del condomino A.A. di eseguire “il nuovo ampliamento ritenendolo troppo invasivo per l’estetica e l’unità del complesso”. In tal modo l’assemblea ha esercitato la prerogativa, attribuitale dalla convenzione adottata in sede di regolamento, di esprimere il consenso alle opere eseguite dai singoli condomini riguardanti la facciata e le superfici esterne, a salvaguardia del decoro architettonico”.
E’ la sentenza di Cass. civ., Sez. II, 28/12/2022, n. 37852.
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Le antenne
Ci sono casi in cui alcune installazioni sono regolate non dal codice civile ma da altre norme.
In particolare l’art. 209 del codice delle comunicazioni elettroniche prevede che “I proprietari di immobili o di porzioni di immobili non possono opporsi alla installazione sulla loro proprietà di antenne appartenenti agli abitanti dell’immobile stesso destinate alla ricezione dei servizi di radiodiffusione e per la fruizione dei servizi radioamatoriali”.
L’unico limite è che “Le antenne, i relativi sostegni, cavi ed accessori non devono in alcun modo impedire il libero uso della proprietà, secondo la sua destinazione, né arrecare danno alla proprietà medesima od a terzi”.
Qui allora se i cavi non passano davanti alle finestre, possono essere appoggiati ai muri esterni se non esistano tubi interni dove farli scorrere.
Tutelare i propri diritti e la proprietà
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Sia nel caso in cui l’assemblea condominiale adotti una delibera nulla sia nel caso che ne adotti una annullabile, è necessario procedere con solerzia all’impugnazione della delibera avanti il Tribunale. La legge infatti stabilisce un termine di 30 giorni per impugnare le delibere in caso di annullabilità.
Per poter tutelare i propri diritti di condomino si potrà avviare una mediazione civile che ha dei costi ridotti per poter tentare di raggiungere un accordo stragiudiziale. Questa è fondamentale perché svolge l’importante funzione di interrompere il decorso dei termini di decadenza dell’impugnazione della delibera salvando i diritti della persona.
Inoltre, questa procedura permette di raggiungere un accordo che ha lo stesso valore di una sentenza del tribunale.
Se questo accordo non fosse però possibile o le altre parti non volessero partecipare alla mediazione questa sarà comunque utile per il successivo giudizio civile in quanto il comportamento viene valutato al fine di condannare al pagamento delle spese di giudizio.
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