Notai e certificato anagrafico: va richiesto per identificare correttamente le parti?

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Il notaio messo alle strette…

La corte di cassazione, con sentenza n. 15490/23, torna ad occuparsi della corretta identificazione ex art. 49 l.n. della parte che compaia avanti al notaio.

Non è la prima volta che afferma l’insufficienza della sola carta d’identità, perché è falsificabile; il fatto è che non ha considerato elemento idoneo nemmeno la presenza dei funzionari della banca, i quali hanno evidentemente svolto un’istruttoria prima di concedere un mutuo alla parte.

Si tratta di argomentazioni che davvero non mi sembrano convincenti, come avevo già scritto nel commento ad una sentenza che aveva dato alcune indicazioni in senso diverso (G. Sicchiero, Della cui identità personale io notaio sono certo: chiose sull’art. 49 l.n., in Giur. it., 2019, p. 1325, reperibile in rete).

Qui però la sfortuna del notaio è consistita nel fatto che in cassazione non si può denunciare l’erroneità della motivazione di merito quando nei due gradi precedenti sia conforme, perché esiste un apposito sbarramento costituito dall’art. 360 c.p.c.

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Questa la tesi della Corte

La corte ribadisce anzitutto che il suo è un orientamento consolidato.

Dice infatti che “per la giurisprudenza della Corte (Cass. 7/12/2017, n.29321, che dà continuità a Cass. 10/05/2005, n. 9757; in termini, Cass. 12/05/2017, n. 11767; Cass. 28/12/2021, n. 41801) <l’art. 49 della l. notarile secondo il quale il notaio deve essere certo della identità personale delle parti e può raggiungere tale certezza, anche al momento dell’attestazione, con la valutazione di “tutti gli elementi” atti a formare il suo convincimento, contemplando, in caso contrario, il ricorso a due fidefacienti da lui conosciuti, va interpretato nel senso che il professionista, nell’attestare l’identità personale delle parti, deve trovarsi in uno stato soggettivo di certezza intorno a tale identità, conseguibile, senza la necessaria pregressa conoscenza personale delle parti stesse, attraverso le regole di diligenza, prudenza e perizia professionale e sulla base di qualsiasi elemento astrattamente idoneo a formare tale convincimento, anche di natura presuntiva, purché, in quest’ultimo caso, si tratti di presunzioni gravi, precise e concordanti; l’accertamento relativo è demandato al giudice che del merito, il cui giudizio è incensurabile in cassazione se motivato in maniera congrua e logica».

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Notai e certificato anagrafico: un documento non basta!

Ed ha aggiunto che “nella fattispecie concreta, per la sentenza di appello, il notaio ha identificato le parti sulla base delle carte di identità (successivamente risultate non autentiche), che ha fotocopiato, dell’esistenza di una procura speciale a vendere (la cui sottoscrizione poi è risultata apocrifa) e facendo affidamento sulla presenza all’atto dei funzionari bancari e di intermediazione con i quali le parti avevano intrattenuto pregressi rapporti. A giudizio della Corte territoriale, il notaio non ha assolto all’obbligo di adeguata diligenza professionale sancito dall’articolo 49 (legge notarile) poiché la sua certezza soggettiva della identità delle parti, raggiunta al momento dell’attestazione, non è stata conseguita attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti”.

Anzi, serve di più…

La novità è che qui la Corte arriva a ritenere corretta questa indicazione di merito:
Tanto più che – chiosa la sentenza fondandosi sul puntuale vaglio degli aspetti meritali – la semplice richiesta alle parti di mostrare un certificato anagrafico avrebbe consentito al notaio si accorgersi della falsità dei documenti d’identità esibiti dai contraenti in considerazione della discordanza, ad esempio, tra il numero di iscrizione all’anagrafe comunale riportato sulla carta di identità (falsa) di e quello recato dalla certificazione anagrafica (autentica)”.

Bisogna quindi che il notaio chieda un certificato anagrafico a chi si presenta da lui con due documenti e con i funzionari della banca?

E chi garantirà il notaio della bontà del certificato anagrafico? Se si può falsificare una carta d’identità, figuriamoci un documento che uno scanner ed un buon computer possono riprodurre come meglio si preferisca

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Quindi?

Quindi, se non si ripensa alla mole di incombenti pretesi dai giudici, dovrà essere il notaio stesso a chiedere il certificato al singolo comune, senza fidarsi di farselo consegnare dalle parti; altro incombente che si aggiunge perciò alle visure ipocatastali ed alle verifiche antiriciclaggio.

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