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Modifiche alle parti comuni nel condominio: tra proprietà privata e proprietà di tutti
Con la recente sentenza n. 30972 del 7 novembre 2023 la Suprema Corte di Cassazione torna sul tema delle modifiche alle aree comuni condominiali per consolidare un orientamento non recente.
In particolare, il caso affrontato dalla Corte riguardava gli interventi di un condomino su un muro del palazzo condominiale dove aveva fatto costruire una propria canna fumaria e un comignolo. Altri condomini, insospettiti dalle recenti costruzioni del condomino, ritenevano che quel muro su cui erano state svolte le opere per la realizzazione della canna fumaria e del comignolo fossero di proprietà comune, pertanto che il singolo proprietario non potesse disporne come se fossero sue e chiedevano al tribunale di accertare ciò. Conseguentemente chiedevano l’abbattimento di ciò che era stato realizzato in modo illegittimo.
Il tribunale di primo grado disponeva una consulenza tecnica d’ufficio da cui emergeva che il muro era effettivamente di proprietà comune condominiale. La corte di secondo grado errava nell’interpretare l’esito di questa consulenza tecnica e si giungeva avanti la Cassazione.
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Si possono modificare le parti comuni purché non si limiti l’uso altrui: le parole della Cassazione 2024
La Cassazione ha rilevato l’errore della corte d’appello e ha stabilito il seguente principio: “l’appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale individua una modifica della cosa comune conforme alla destinazione della stessa, che ciascun condomino – pertanto – può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l’altrui paritario uso, non ne alteri il decoro architettonico e non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio, evenienza che si è verificata nel caso di specie per come accertato con le c.t.u. a seguito dell’ intervento di parziale demolizione del pilastro avvenuta dal lato della proprietà XX, perciò obbligato a procedere al ripristino della condizione di sicurezza“.
In questo modo la Suprema Corte ha ribadito che ogni singolo condomino ha il potere di disporre autonomamente delle parti comuni condominiali a proprie spese, ma deve fare ciò nel rispetto della destinazione d’uso del bene comune e deve fare in modo che il suo uso privato non comporti una riduzione dell’uso che possono farne gli altri condomini. Inoltre, le modifiche alle parti comuni non devono minare alla stabilità e alla sicurezza dell’edificio, né devono alterarne il suo decoro.
In questo senso, nel caso concreto, la Cassazione ha deciso che l’appoggio della canna fumaria e del comignolo al muro comune non consisteva di per sé in una violazione dell’uso che ogni singolo condominio può fare delle parti comuni. Qui però la consulenza tecnica aveva dimostrato che le opere realizzate avevano inciso negativamente sulla stabilità, sicurezza e decoro dell’edificio. Per questo ha stabilito, infine, che l’edificio fosse messo di nuovo in sicurezza.
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Come agire per tutelare i propri diritti a fronte di una delibera nulla o annullabile?
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Sia nel caso in cui l’assemblea condominiale adotti una delibera nulla sia nel caso che ne adotti una annullabile, è necessario procedere con solerzia all’impugnazione della delibera avanti il Tribunale. La legge infatti stabilisce un termine di 30 giorni per impugnare le delibere in caso di annullabilità.
Per poter tutelare i propri diritti di condomino si potrà avviare una mediazione civile che ha dei costi ridotti per poter tentare di raggiungere un accordo stragiudiziale. Questa è fondamentale perché svolge l’importante funzione di interrompere il decorso dei termini di decadenza dell’impugnazione della delibera salvando i diritti della persona.
Inoltre, questa procedura permette di raggiungere un accordo che ha lo stesso valore di una sentenza del tribunale.
Se questo accordo non fosse però possibile o le altre parti non volessero partecipare alla mediazione questa sarà comunque utile per il successivo giudizio civile in quanto il comportamento viene valutato al fine di condannare al pagamento delle spese di giudizio.
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