Indice:
- La lesione dei diritti ereditari: le modalità di tutela
- L’esercizio dell’azione di riduzione: il calcolo del patrimonio del defunto
- Necessità di precisare i limiti della propria lesione dei diritti ereditari
- Non è necessaria l’indicazione della lesione in termini numerici
- Il dovere del giudice di procedere alla riunione fittizia
- Se il patrimonio del defunto è stato sperperato in donazioni non serve provare la lesione
- Prima di agire in giudizio
La lesione dei diritti ereditari: le modalità di tutela
E’ frequente in tema di eredità che un figlio oppure un coniuge o altri parenti subiscano una lesione dei diritti ereditari perchè, ad esempio, il defunto ha scritto un testamento con cui ha deciso di non lasciarli niente. Lo stesso può succedere se il defunto decide di attribuire a uno degli eredi legittimi una quota inferiore a quella che gli spetta. Oppure se il defunto decide di escludere dal proprio testamento totalmente un erede legittimo (es. figlio). Ancora, lo stesso può succedere se il defunto ha donato tutti i suoi beni in vita e, al momento dell’apertura della successione, non residuano più beni per soddisfare le quote degli eredi legittimari.
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In questi ed altri casi si può avere una lesione dei diritti ereditari. La legge, infatti, prevede che per gli eredi cosiddetti legittimi (figli, coniuge, genitori, nipoti etc.) sono disciplinati dagli artt. 566 e seguenti del c.c.
Il codice prevede che il parente che ha subito una lesione dei diritti ereditari possa agire in giudizio proponendo un’azione di riduzione (art. 564 c.c.) delle disposizioni testamentarie che sono lesive della propria quota di legittima che gli spetta.
In questo modo l’erede “leso” può fare in modo di ridurre quanto altri hanno ricevuto per reintegrare la propria quota che astrattamente gli spetta. In questo senso ciò che si deve dimostrare in giudizio è:
- che si è ricevuto meno di quanto astrattamente spetterebbe
- che altri hanno ricevuto di più, non importa se siano altri eredi o dei donatari
L’esercizio dell’azione di riduzione: il calcolo del patrimonio del defunto
Molti giudizi vengono persi dagli eredi che hanno subito una lesione dei diritti ereditari perchè non hanno avviato correttamente il giudizio. Infatti, la legge e la giurisprudenza della Cassazione hanno costruito un sistema di regole molto precise anche se complesse che stabiliscono come l’azione di riduzione debba essere promossa.
Per poter far valere i propri diritti di erede e dimostrare che si è ricevuto meno di quanto effettivamente spettava bisogna anzitutto ricostruire il patrimonio del defunto. Questo significa recuperare tutti i documenti che riguardano i beni che erano in possesso del defunto (case, automobili, gioielli, conti correnti, mobili etc… la lista è infinita).
Conoscendo l’effettiva consistenza del patrimonio si può anzitutto comprendere se quello che si è ricevuto integra la propria quota.
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Il patrimonio è composto da relictum + donatum. Questo significa che il patrimonio va calcolato sommando tutto quello che alla data della morte risulta intestato al defunto e tutte le donazioni che il defunto ha fatto in vita.
Dicevamo infatti che l’erede ben può subire una lesione dei diritti ereditari a causa delle donazioni che il defunto ha fatto in vita.
Necessità di precisare i limiti della propria lesione dei diritti ereditari
Nelle cause successorie la documentazione è fondamentale. E’ necessario essere ben preparati prima di avviare un giudizio in modo di essere più sicuri del risultato.
La Cassazione infatti prevede delle regole stringenti per la dimostrazione della sussistenza di una lesione dei diritti ereditari. E’ un principio consolidato quello che prevede che l’erede debba fornire una prova precisa del valore del patrimonio del defunto e della lesione della propria quota.
Queste le parole della Cassazione (15465/2024): “il legittimario che agisca in riduzione abbia l’onere d’indicare entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria, nonché quello della quota di legittima violata“.
Per dimostrare la consistenza della lesione e del patrimonio, l’erede può anche ricorrere a presunzioni semplici, che devono però rispettare i requisiti di essere gravi, precise e concordati (art. 2729 c.c.).
Non è necessaria l’indicazione della lesione in termini numerici
L’importante principio che ha stabilito la Cassazione con queste sentenze è il seguente: “il legittimario, ancorché abbia l’onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, indicando gli elementi patrimoniali che contribuiscono a determinare il valore della massa ereditaria nonché, di conseguenza, quello della quota di legittima violata, senza che sia necessaria all’uopo l’indicazione in termini numerici del valore dei beni interessati dalla riunione fittizia e della conseguente lesione“.
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Questo significa che l’erede che ha subito una lesione dei diritti ereditari non deve svolgere necessariamente una perizia di parte prima del giudizio, può infatti semplicemente allegare l’esistenza di determinati beni che appartenevano al defunto e dichiarare di aver ricevuto meno di quanto effettivamente gli spetta.
Non è quindi necessario affermare precisamente il valore in termini numerici del patrimonio o della propria lesione. Spesso infatti può essere costoso far stimare dei beni, ad es. case o beni mobili.
Il dovere del giudice di procedere alla riunione fittizia
Sulla base del principio appena enunciato gli ermellini hanno stabilito che se è diritto dell’erede leso nei propri diritti ereditari affermare la consistenza del patrimonio e della lesione anche per presunzioni, poi sarà compito del giudice procedere alla cosiddetta riunione fittizia del patrimonio.
Questa consiste nel determinare, sommando relictum + donatum, la consistenza del patrimonio ereditario e capire se chi agisce in giudizio ha effettivamente subito una lesione dei diritti ereditari.
Queste le parole della Cassazione: “l’omessa allegazione nell’atto introduttivo di beni costituenti il “relictum” e di donazioni poste in essere in vita dal “de cuius”, anche in vista dell’imputazione “ex se”, ove la loro esistenza emerga (come nella specie) dagli atti di causa ovvero costituisca oggetto di specifica contestazione delle controparti, non preclude la decisione sulla domanda di riduzione, dovendo il giudice procedere alle operazioni di riunione fittizia prodromiche al riscontro della lesione, avuto riguardo alle indicazioni complessivamente provenienti dalle parti, nei limiti processuali segnati dal regime delle preclusioni per l’attività di allegazione e di prova“.
Se il patrimonio del defunto è stato sperperato in donazioni non serve provare la lesione
La Cassazione ha altresì affermato il seguente principio: “il principio secondo cui il legittimario che propone l’azione di riduzione ha l’onere di indicare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, e in quale misura, sia avvenuta la lesione della sua quota di riserva, non può essere applicato qualora il “de cuius” abbia integralmente esaurito in vita il suo patrimonio con donazioni“.
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Il principio comporta che l’erede che agisce per ottenere la propria quota di legittima non deve provare in che misura sia stata lesa la propria quota se il patrimonio del defunto è stato sperperato in vita con donazioni.
Prima di agire in giudizio
Nelle controversie successorie prima di agire in giudizio è obbligatorio svolgere un tentativo di mediazione (art. 5 d.lgs 28/2010). Questo è uno strumento che permette di arrivare a un accordo stragiudiziale ed è vantaggioso perchè ha costi ridotti e comporta dei vantaggi fiscali che sono sempre molto utili in materia successoria.
Qualora un accordo non fosse possibile si potrà però sempre agire in giudizio con un’azione di riduzione.
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