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Il dovere di consiglio del notaio in generale
E’ ben noto che la giurisprudenza ritiene (non solo per i notai) che la prestazione professionale comporti obbligazioni accessorie e doveri di informazione per la parte assistita. Tra questi obblighi è recentemente emerso il tema della sussistenza di un dovere di consiglio del notaio nel pubblicare il testamento.
Esistono varie fonti da cui si evincono questi obblighi: quella di correttezza nell’adempimento (art. 1175 c.c.), quella di diligenza specifica del professionista (art. 1176, comma 2, c.c.), la cui responsabilità è limitata ai soli casi di colpa lieve (art. 2236 c.c.), obblighi informativi indicati dall’art. 9 del d.l. n. 1/2012 e, più in generale, la buona fede nell’adempimento (art. 1375 c.c.), che viene intesa come dovere di eseguire ogni attività nell’interesse della controparte, che non comporti un sacrificio dei propri diritti.
Cito per tutte (ma sono tantissime) Cass., 2/4/2021, n. 9200:
“il principio di correttezza e buona fede – il quale, secondo la Relazione ministeriale al codice civile, “richiama nella sfera del creditore la considerazione dell’interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all’interesse del creditore” – deve essere inteso in senso oggettivo in quanto enuncia un dovere di solidarietà, fondato sull’art. 2 della Costituzione, che, operando come un criterio di reciprocità, esplica la sua rilevanza nell’imporre a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio, il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge, sicché dalla violazione di tale regola di comportamento può discendere, anche di per sé, un danno risarcibile”.
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Esistono degli obblighi specifici di consiglio del notaio?
In concreto per il notaio questo obbligo importa anzitutto quello di effettuare le necessarie visure prima di stipulare atti traslativi. Cito una delle più recenti decisioni, ma sono molte e sembra strano che la Cassazione debba ribadire il concetto:
“il notaio incaricato della stipula di un contratto avente ad oggetto diritti reali su beni immobili non può limitarsi ad accertare la volontà delle parti e a sovrintendere alla compilazione dell’atto, essendo tenuto a compiere l’attività necessaria ad assicurare la serietà, la certezza dei relativi effetti tipici e il risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti stesse, dal momento che contenuto essenziale della sua prestazione professionale è l’obbligo di informazione e consiglio” (ord., 2/4/2021, n. 9200).
Il notaio deve poi consigliare il cliente in relazione all’impatto fiscale delle proprie scelte, in quanto “il notaio che non informa il cliente del regime fiscale dell’atto e non calcola correttamente le imposte dovute non è responsabile del danno conseguente alla sua negligenza professionale qualora non venga dimostrato dal cliente di aver subito tale danno” (Cass. 13/5/2020, n. 8871), con l’ovvia conseguenza se la prova sussista, ad es. documentando non la maggior imposta, perché comunque dovuta, ma le sanzioni e gli eventuali costi relativi alla necessità di finanziare il pagamento dell’imposta non prevista nella misura effettiva. Ad es. Cass., 12/2/2019, n. 3984, ha individuato il danno nelle conseguenze causate dal non aver consigliato le parti di dichiarare il prezzo di vendita in conformità ad una perizia di stima, pur richiamata nel rogito, con conseguente “accertamento da parte dell’Agenzia delle entrate e recupero d’imposta di Euro 18.965,33”. Inoltre Cass., 5/6/2015, n. 11665, ha ritenuto che “la stipulazione contestuale di atti di concessione di mutui fondiari da parte di banche e di vendite per prezzi inferiori alla somma mutuata può comportare la violazione del dovere di informazione e consiglio gravante sul notaio, sotto il profilo della mancata segnalazione alle parti delle conseguenze dell’elusione fiscale eventualmente ravvisabile nell’operazione”.
Ritengo tale responsabilità effettivamente fondata sull’obbligo di rendere noto “al cliente il grado di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento fino alla conclusione dell’incarico” (art. 9, comma 4, d. l. n. 1/2012).
Inoltre al di là della responsabilità civile per i danni, sussiste pur sempre la responsabilità disciplinare per la violazione dell’ttr. 147, lett. a) l.n. in relazione all’obbligo di diligenza contenuto sia nel codice civile sia nell’art. 3 dei nuovi Principi di deontologia (“Il notaio deve svolgere con correttezza, diligenza e competenza la funzione di interpretazione e di applicazione della legge, ricercando forme giuridiche adeguate agli interessi pubblici e privati affidati al suo ministero e garantendo la qualità della prestazione“).
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Il dovere di consiglio del notaio in materia successoria
Di recente si è posto il tema del dovere di consigliare il rifiuto di accettazione di eredità quando questa possa dimostrarsi dannosa.
Certamente ritengo doveroso che il notaio avvisi la parte della possibilità di avvalersi dell’accettazione beneficiata se vi sia il minimo dubbio che sussistano debiti. Ritengo inoltre doveroso che lo avvisi, qualora il chiamato intenda rinunciare ma sia nel possesso di beni ereditari, dell’opportunità di far precedere la rinuncia dall’inventario. Infatti, per quanto siano poche, alcune sentenze hanno detto che la rinuncia senza previo inventario non è valida (Cass. 11/5/2021, n. 12437; 23/7/2020, n. 15690; 29/3/2003, n. 4845). A mio parere è un orientamento del tutto sbagliato, come ho scritto nella nota “Serve davvero l’inventario per rinunciare all’eredità?”, in Giur. it., 2022, pag. 43, ma un conto è quello che si discute in letteratura, un conto è il rischio cui non si deve mei sottoporre la parte. Altra informazione che deve dare è che l’incarico di ricevere la dichiarazione di accettazione beneficiata non include l’obbligo di redigere l’inventario (Cass. 13/9/2023, n. 26419), perché le persone non conoscono la necessità di uno specifico incarico né conoscono bene queste procedure e dunque vanno informate tempestivamente.
Il problema qui in esame è sorto in un caso in cui è stato pubblicato il testamento: è in quel momento che sorge l’obbligò di consiglio, laddove ci siano dubbi sull’esistenza e consistenza di debiti del defunto?
La cassazione ha detto che la pubblicazione del testamento non comporta obblighi di consiglio ed è un principio indiscutibile, perché la pubblicazione non produce alcun effetto se non di rendere nota la volontà del defunto e rendere possibile la sua attuazione mediante gli atti successivi che spettano ai chiamati.
Il tema nasce dalla pretesa di una erede, danneggiata da un mancato rifiuto di un legato rovinoso, di essere risarcita dal notaio, cui avrebbe conferito lo “specifico incarico da ritenersi esteso oltre la pubblicazione del testamento, ed avente ad oggetto, in particolare, una consulenza circa l’opportunità o meno di rinunciare all’oggetto del legato”. La domanda è stata respinta nei due gradi di giudizio di merito per l’assenza della prova di questo specifico incarico, ma è ovvio che la questione riguardasse il problema se occorresse appunto uno specifico incarico oppure se questa consulenza dovesse ritenersi inclusa nell’incarico di pubblicare il testamento.
Intanto la Cassazione rileva che i giudici di merito avessero ben motivato sul rilievo che “l’oggetto dell’incarico ricevuto dal notaio fosse circoscritto alla pubblicazione del testamento (attività ben diversa, quanto agli oneri consequenziali, dal rogito di un atto di trasferimento immobiliare tra vivi), e non ricomprendesse in alcun modo una consulenza circa l’opportunità, per la signora A.A., di rinunciare al legato – onde l’assoluta irrilevanza dell’eventuale, successiva manifestazione di una sua volontà di rinuncia, peraltro meramente ipotetica, da esprimere in tal senso ex post”.
A questo accertamento di fatto, che in Cassazione è insindacabile, hanno aggiunto l’opportuna precisazione del principio di diritto (operazione doverosa ma ormai rara nelle sentenze del Supremo Collegio) per cui
“in tema di responsabilità del notaio, l’espressione “ricevere un atto” contenuta nella legge notarile va intesa nel senso non di accettare materialmente un documento, bensì di indagare la volontà delle parti, interpretarla ed esprimerla in forma giuridica in modo che possa conseguire gli effetti voluti dalle stesse. Ne consegue che in caso di pubblicazione di un testamento olografo, l’atto “ricevuto” dal notaio, è l’atto di pubblicazione, il quale nulla aggiunge alla validità, invalidità o mera convenienza del testamento e/o dell’eventuale legato in esso previsto con riferimento alla posizione dell’erede o del legatario (fattispecie in tema di legato ritenuto, ex post, “sconveniente” dal legatario, che invocava erroneamente una più pregnante indagine da parte del notaio nonostante l’assenza di uno specifico incarico conferitogli in tal senso)”.
Leggi anche: La responsabilità professionale del notaio secondo Cass. 9 aprile 2024 n. 9540
Un’ultima precisazione sull’obbligo di avviso del notaio nella pubblicazione del testamento
Ritengo però opportuno aggiungere che se alla pubblicazione, il notaio faccia seguire un c.d. “atto di accettazione” del testamento, cosa leggo non di rado nei verbali di pubblicazione e che consiste nell’accettazione dell’eredità, perché solo un erede può accettare -nel senso indicato dall’art. 590 c.c.- un testamento- allora l’obbligo di consiglio esiste e deve essere assolto prima di questa dichiarazione, anche se vena inserita all’interno del verbale di pubblicazione.
Leggi anche: Notai: recenti decisioni sulle nullità ex art. 28 l.n.
Difesa nel procedimento disciplinare notarile
Lo studio Ticozzi Sicchiero & Partners e l’avvocato professore Gianluca Sicchiero difende i propri clienti anche in materia di disciplinare notarile.
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