Divisione ed intervento dei creditori: occorre la chiamata dei creditori nella divisione consensuale? (artt. 1113 e 2825 c.c.).

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La regola dell’art. 1113 c.c.: divisione ed intervento dei creditori

L’art. 1113 c.c. impone al terzo comma la chiamata dei creditori alla divisione dei beni immobili “perché la divisione abbia effetto nei loro confronti”.

Di questa regola si è più volte occupata la giurisprudenza, ma sempre con riferimento alla divisione giudiziale, per dire che non sussiste un litisconsorzio nei confronti dei creditori, in quanto laddove non siano chiamati in giudizio o non siano intervenuti, la divisione non è loro opponibile.

La cassazione si esprime così: “è invero indubitabile che i creditori iscritti e gli aventi causa, intervenendo nel suddetto giudizio, potranno vigilare sul corretto svolgimento del procedimento divisionale con il richiamo al rispetto delle norme di legge, o potranno proporre opposizione alla divisione non ancora eseguita a seguito di un giudizio cui non hanno partecipato (art. 1113 c.c., comma 1). Ma è altresì certo che essi non hanno alcun potere dispositivo proprio perchè non sono condividenti; pertanto la loro mancata evocazione nel giudizio di divisione comporterà che la divisione non avrà effetto nei loro confronti, come espressamente prevede l’art. 1113 c.c., comma 3”: Cass., 9-11-2012, n. 19529 e poi id., 29-1-2016, n. 1719.

In realtà l’art. 1113 c.c. dice che il creditore pretermesso non può impugnare una divisione già eseguita… salvo abbia trascritto anteriormente una opposizione.

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Quale interesse ha il creditore?

L’intervento dei creditori nella divisione giudiziale, secondo una sentenza, ha solo una funzione di stimolo, senza che possano impugnare il progetto divisionale concordato tra i comproprietari.

Ha detto infatti Cass., 24-4-2008, n. 10746 che laddove vi sia il consenso dei condividenti al progetto stesso, “si deve considerare del tutto irrilevante l’opposizione della attuale società ricorrente, in quanto l’avente causa da uno dei condividenti, se è legittimato ad intervenire nel giudizio di divisione ai sensi dell’art. 1113 cod. civ., comma 1, ai fini di far valere le proprie ragioni, non si sostituisce peraltro al proprio dante causa, il quale rimane l’unico legittimato ad esprimere il proprio consenso con riferimento al progetto di divisione”.

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Dubbi sulla sentenza…

Trovo che questa decisione non abbia valorizzato tutti i profili della questione: il progetto divisionale costituisce una divisione non ancora eseguita.

Il dubbio sull’interesse del creditore deriva dal rilievo che l’art. 1113 c.c. deve essere letto assieme con l’art. 2825 c.c. Se un bene comune viene diviso, l’ipoteca che riguardava uno dei condividenti si concentrerà sulla quota a lui assegnata. Invece se gli siano assegnati beni diversi, l’ipoteca si trasferirà su questi purchè nuovamente iscritta nei 90 giorni successivi alla trascrizione della divisione. Questo è onere del creditore, salvo le spese che devono gravare sul debitore condividente.

Ecco allora che il creditore può essere concretamente danneggiato e che la chiamata serva anche allo “scopo di evitare gli atti fraudolenti di disposizione del patrimonio“ era stato detto già da Cass., 14-7-1960, n. 1904 (in Giust. Civ., 1960).

Se ad es. la divisione è tra parenti, nulla esclude che, per favorire il condividente inseguito dai creditori, si attui una divisione pregiudizievole assegnandogli, con il suo consenso (pagato sotto banco), un bene di valore modesto e non dando luogo ad alcun conguaglio. Come confiscare allora al creditore il diritto di opporsi?

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Che ne è della divisione che avviene avanti al notaio?

L’art. 1113 c.c. non si riferisce solo alla divisione giudiziale ma anche a quella volontaria. Dunque anche il notaio deve “chiamare” i creditori nell’interesse dei condividenti, perché il fatto che la divisione già eseguita non sia impugnabile dal creditore pretermesso (art. 1113 c.c.), pone il problema dei danni che ne derivino.

La chiamata degli aventi diritto costituisce certamente un compito che rientra nella diligenza professionale dovuta dal notaio ex art. 1176, comma 2, c.c. Infatti sia i creditori iscritti che coloro che abbiano acquistato diritti in base ad atti soggetti a trascrizione, devono indicare il loro domicilio nella nota, che è pubblica. Con il corollario che la regola non si applica ai creditori non iscritti, es. ai chirografari.

E’ vero che il codice non dice chi debba chiamare i creditori avanti al notaio, ma già solo rimanendo nell’ambito dell’obbligo di informazione e di consiglio che grava sul notaio, se proprio non si accetti che tocca a lui convocarli, comunque dovrà aver avvertito adeguatamente le parti del rischio che deriva dall’omessa convocazione.

Infatti una sentenza non recente e che riguarda la divisione giudiziale ha stabilito che “il creditore ipotecario, litisconsorte necessario pretermesso nel giudizio divisorio, rimasto parzialmente insoddisfatto dalla vendita dei beni attribuiti al proprio debitore, beni sui quali era stata trasferita l’ipoteca, ha interesse ad agire per il risarcimento dei danni subìti nei confronti degli altri condividenti”: cass., 10/05/1982, n. 2889, Foro It., 1983, I, 1375.

La decisione si spiega perché l’art. 1113 c.c., come già detto, vieta al creditore di impugnare una divisione già eseguita, senza distinguere tra divisione alla quale non abbia inteso partecipare e divisione alla quale non sia stato convocato.

Quindi il creditore non convocato, diversamente da quello assente per propria scelta, potrà agire verso le parti e le parti -evidentemente- verso il notaio qualora non le abbia avvisate dell’obbligo di convocazione oppure se, dovendo procedere lui, non si sia attivato.

Va però precisato che sempre l’art. 1113 c.c. attribuisce al creditore l’azione revocatoria e quindi sarà suo onere dimostrare che questa non gli ha garantito alcunché. Ma tale esito negativo può risultare se, ad es., il condividente abbia trasferito il bene a terzi, perché qui potrebbe essere impossibile farla valere vittoriosamente.

Il codice non prevede alcuna forma di questa chiamata e dunque, come per ogni atto recettizio, il notaio dovrà convocare gli aventi diritto alla data fissata per la divisione con qualsiasi atto la cui ricezione sia documentabile. Va ovviamente inclusa la posta certificata, laddove il destinatario ne sia munito, com’è per l’agenzia delle entrate o per qualsiasi banca.

Il termine da assegnare ai creditori

Il codice non detta alcuna regola sul termine da rispettare per la convocazione. Ad es. se si applica in analogia la disposizione sulle convocazioni di assemblee condominiali, si trovano il termine di 5 giorni per la prima convocazione e di 8 per la seconda (art 66 disp. att. C.c.) e sempre 8 sono per le assemblee delle S.r.l. (art. 2479 bis c.c.). Se invece si osservano i termini di convocazione delle assemblee delle spa, i giorni devono essere 15 (art. 2366 c.c.). Spesso uno dei creditori è però lo Stato quando si tratta di ipoteche per debiti fiscali; in altre ipotesi sono banche, che magari hanno ipoteca giudiziale sulla quota di un condebitore. Perciò nel silenzio del codice e dunque in assenza di riferimenti vincolanti, la diligenza del notaio impone di adottare un termine abbastanza ampio per evitare successive contestazioni sul medesimo. A mio modo di vedere 30 giorni garantiscono ampiamente ogni creditore su un adeguato tempo necessario per reperire le informazioni necessarie e partecipare alla divisione, qualora abbia ragioni da far valere.

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L’opposizione dei creditori

Il creditore od il terzo, secondo i primi due commi dell’art. 1113 c.c., possono opporsi alla divisione non ancora eseguita, ad es. per il pregiudizio che ne ricevano (v. sopra).

Tuttavia questa opposizione non impedisce al notaio di procedere con la divisione stessa, in quanto se le parti intendano attuarla nonostante la contrarietà del terzo, la controversia sarà decisa dal giudice. Agli effetti dell’opponibilità  alle parti della decisione, sarà sufficiente che siano rispettate le formalità di pubblicità dell’atto indicate dall’art. 1113 c.c.

Un problema che può riguardare il notaio, in questa ipotesi, è quello del diritto del creditore sugli eventuali conguagli spettanti al suo debitore condividente, laddove le somme del conguaglio fossero state depositate presso il notaio stesso. Qui si deve ritenere che laddove i creditori facciano “valere le loro ragioni”, il notaio non potrà consegnare la somma al condividente, Qualora non vi sia il consenso delle parti, la somma dovrà rimanere in deposito fino al termine del giudizio che il creditore instauri, perchè comunque il notaio non potrà versare a questo le somme che il condividente pretenda invece per sé (se non a proprio rischio).

La soluzione del conflitto spetterà sempre all’autorità giudiziaria.

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