Divieto di pesi sulla legittima (art. 549 c.c.): nullità o inefficacia relativa della disposizione testamentaria?

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Divieto di pesi sulla legittima: le tesi in contrasto

Come ben noto, l’art. 549 c.c. vieta che la legittima sia colpita da pesi che ne riducano il valore economico; il tema si cui si discute da almeno cinquant’anni è la sorte della disposizione che violi questo divieto: per molti autori sarebbe nulla; per altri semplicemente inefficace.

La “summa divisio” ha fautori illustri in entrambe le posizioni: talune ammettono il ricorso alle regole della nullità contenute nella disciplina dei contratti, altri optano in senso contrario.

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Le tesi a favore della nullità

Vi è anzitutto un contrasto sulla possibilità di utilizzare per il testamento, la disciplina della nullità prevista per il contratto, In senso positivo v. ad es. L. Bigliazzi Geri, Il testamento, Milano, 1976, p. 327 ss., in dichiarato contrasto con N. Lipari, Autonomia privata e testamento, Milano, 1970, p. 384 ss., spec. p. 388, che fa salve solo alcune regole della nullità (es. l’art. 1422 c.c.). Il contrasto è ricordato anche da G. Criscuoli, Le obbligazioni testamentarie, 2a ed., Milano, 1980, p. 340 ss., e poi, piú di recente, da S. Pagliantini, Causa e motivi del regolamento testamentario, Napoli, 2000, p. 202 ss.; G. Perlingieri, La diseredazione e il pensiero di Alberto Trabucchi, in Dir. succ. fam., 2017, pp. 352-353.

La soluzione positiva potrebbe sarebbe decisiva, perché l’art. 1418 c.c. mantiene in vita l’atto contrario a norme imperative salvo che la legge disponga diversamente e qui la diversa disposizione da invocare per salvare il testamento è quella che prevede l’azione di riduzione.

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Le tesi contrarie

Tuttavia il risultato non cambia anche a propendere per la soluzione negativa.

Infatti, se non risulta testualmente un motivo illecito (art. 626 c.c.), che non è insito nella diseredazione, giacché questa è la disposizione e non il motivo di se stessa, difetterebbe perfino la regola che consenta di predicarne la nullità sostanziale: dove la si trova al di fuori dell’art. 1418 c.c., se non relazionando a tale disposizione l’art. 549 c.c.?

D’altro canto, se il testatore attribuisca al legittimario un legato, magari di valore solo simbolico, in sostituzione della legittima ex art. 551 c.c., anche qui spetterà pur sempre al legittimario leso decidere se rinunciare e chiedere ciò che gli spetta (e magari anche meno della quota che la legge gli riserva), senza che nessuno possa sostituirsi a lui in tale decisione e senza che si possa affermare la nullità del legato.

Aggiungo, ancora, che se un coerede eserciti l’actio interrogatoria ex art 650 c.c. ed il legittimario che abbia ricevuto il legato in sostituzione della legittima perda la facoltà di rinunciare al medesimo, egli poi non potrà piú agire in riduzione, sempre ex art. 551 c.c.

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La soluzione preferibile

Le regole appena indicate, all’evidenza, mal si conciliano con i caratteri della nullità quale conseguenza della violazione dell’art. 549 c.c., che non potrebbe essere superata in alcun modo. A ben vedere lo dice anche dalla giurisprudenza, per la quale la sanatoria regolata dall’art. 590 c.c. non vale per le disposizioni lesive della legittima, appunto in quanto non sono disposizioni nulle. Così ad es. Cass., 5 gennaio 2018, n. 168: «la conferma delle disposizioni testamentarie o la volontaria esecuzione di esse non opera rispetto a quelle lesive della legittima, in quanto gli effetti convalidativi di cui all’art. 590 c.c. si riferiscono alle sole disposizioni testamentarie nulle»; Cass., 21 maggio 2012, n. 8001.

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La diseredazione del legittimario

Dunque la violazione del divieto in commento non porta mai alla nullità della disposizione; consente invece l’azione di riduzione, che però è disponibile e prescrittibile é l’azione può essere fatta valere da altri al suo posto, con possibili effetti pratici non trascurabili.

Ad es. l’erede ben può rivendicare il patrimonio attribuitogli dal testatore verso chi possiede i beni, senza che questo possa contestare la sua domanda sul presupposto che sia stato leso il diritto del legittimario diseredato, che non intenda invece far valere i propri diritti.

E’ per questa strada che si può arrivare anche ad ammettere la diseredazione del legittimario, perché spetterà solo a lui agire in riduzione, se intenda farlo e nei limiti in cui agisca; ma sul punto i contrasti sono vivissimi.

Tra gli autori piú recenti, ammettono questa forma di diseredazione ad es. V. Barba, Ragionevolezza e proporzionalità nel diritto delle successioni, in Riv. dir. priv., 2018, p. 529; A. Mendola, Il superamento dell’incompatibilità tra successione necessaria e diseredazione alla luce dell’art. 448 bis cod. civ., in Nuova giur. civ. comm., 2016, p. 1535; S. Pagliantini, Causa e motivi, cit., p. 97 ss.; R. Pacia, Validità del testamento di contenuto meramente diseredativo, in Riv. dir. civ., 2014, p. 307; G. Levante, , La diseredazione, in P. Fava(a cura di), Successioni e donazioni, Milano, 2017, p. 1353.

Invece per la nullità della clausola diseredativa che colpisca la legittima, in ragione del divieto posto dall’art. 549 c.c., ad es. S. Delle Monache, Disposizioni testamentarie negative, in Aa.Vv., Libertà di disporre e pianificazione ereditaria, Atti del 11° Convegno nazionale della Società italiana degli Studiosi del diritto civile (Napoli, Grand Hotel Vesuvio, 5-7 maggio 2016), Napoli, 2017, p. 288; P. Laghi, Diseredazione, in Dig. disc. priv., Sez. civ., Agg., X, Torino, 2016, p. 212 ss. (o amplius, Id., La clausola di diseredazione: da disposizione “afflittiva” a strumento della devoluzione ereditaria, Napoli, 2013), per il quale le tesi sulla nullità sarebbero maggioritarie; C.M. Bianca, Diritto civile, II.2, Le successioni, 5ª ed., Milano, 2015, p. 268, oltre alla letteratura meno recente ricordata dallo stesso Laghi ovvero da V. Barba, cit., p. 528, tra cui rientra M. Bin, La diseredazione. Contributo allo studio del contenuto del testamento, Torino, 1966, p. 258.

E’ invece ormai pacifica la possibilità di diseredare un qualsiasi soggetto diverso, come ha detto la notissima Cass., 25 maggio 2012, n. 8352, in Giur. it., 2012, p. 2506: «è valida la clausola del testamento con la quale il testatore manifesti esclusivamente la propria volontà di escludere dalla propria successione alcuni dei successibili, diversi dai legittimari»; v. poi nello stesso senso Cass., 17 ottobre 2018, n. 26062, in Foro it., 2019, I, c. 541.

Diseredazione indiretta?

Non è raro, lo dico per la mia esperienza forense, che nei testamenti un genitore non lasci nulla ad un figlio, scrivendo nel testamento di avergli già donato in vita quanto bastava a soddisfarlo.

Ricordo subito che per la Cassazione questa indicazione non ha alcun valore. Infatti “la dichiarazione di avvenuta tacitazione delle ragioni del legittimario con donazioni, costituisce una mera dichiarazione che non attiene alla volontà testamentaria in quanto la volontà del testatore non può incidere sulla quota di riserva” (Cass. 9/11/2018, n. 28785). Né può assumere valore “confessorio”, non tanto perché il legittimari è “terzo” (Cass., 15/5/2013, n. 11737) quanto perchè la confessione riguarda fatti sfavorevoli a sé e non agli altri.

Se mai si attribuisse un qualche valore ad una indicazione del genere, senza che sia accompagnata dalla indicazione concreta di ciò che, secondo il testatore costituirebbe l’oggetto delle donazioni, si ammetterebbe a ben vedere una forma di diseredazione indiretta del legittimario.

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