Disciplinare notaio: patteggiamento in Co.Re.Di.?

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Disciplinare notaio: patteggiamento in Co.Re.Di.?

Il patteggiamento, correttamente applicazione della pena su richiesta delle parti, è istituto del processo penale (art. 444 c.p.p.) che ha una duplice funzione: ridurre il rischio per il p.m. e per l’imputato che la sentenza abbia un esito diverso da quello da loro sostenuto in senso opposto e, nel contempo, ridurre il carico dei processi che gravano sul sistema giudiziario. Manca nelle regole del procedimento disciplinare notarile un meccanismo simile, che però non è del tutto sconosciuto al diritto sanzionatorio amministrativo, sia pure con forme diverse. Basti pensare alla possibilità di pagare le sanzioni in misura ridotta rispetto all’importo astrattamente comminabile, regolato dall’art. 16 della l. n. 689/1981, che però non si applica ai procedimenti disciplinari (art. 12).

Sappiamo poi tutti che le sanzioni regolate dal codice della strada prevedono un pagamento molto inferiore se effettuato entro 5 giorni dalla notifica della sanzione. In materia disciplinare notarile c’è l’oblazione regolata dall’art. 145 bis, limitata però alle violazioni sanzionate solo con pagamento di una somma. Infatti la norma “ha riguardo alla sanzione applicabile in astratto e non a quella applicata in concreto; pertanto, l’oblazione non è consentita per le infrazioni punibili con la sospensione, anche se per esse sia stata irrogata una sanzione pecuniaria a seguito della concessione delle attenuanti“ (Cass., 27/9/2022, n. 28132 e 23/3/2012, n. 4720).

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Tuttavia in queste ipotesi vi è un automatismo, perché l’autorità amministrativa non può valutare in alcun modo la decisione della parte, di utilizzare queste facoltà: se un automobilista parcheggia tutti i giorni in divieto di sosta, avrà sempre la possibilità di pagare in misura ridotta la sanzione, anche se potrebbe ritenersi immeritevole in ragione della scelta di violare coscientemente il codice della strada infischiandosene delle conseguenze economiche.

Del pari se un notaio viole ripetutamente norme oblabili e provvede all’oblazione, l’illecito è estinto e quindi nemmeno si potrà parlare successivamente dell’esistenza di una “recidiva” che, ai sensi della stessa disposizione, impedisce l’oblazione. Infatti si ha recidiva ex art. 145 l.n. quando il notaio commette la stessa infrazione entro 5 anni dalla condanna, ma in caso di oblazione non si ha alcuna condanna (specie se l’oblazione sia dichiarata dal capo dell’archivio notarile) e quindi non può aversi alcuna recidiva.

Il patteggiamento de facto: autonomia della Commissione

Perché parlare allora di “patteggiamento” in Co.Re.Di? Perché è una strada percorsa già due volte in Co.Re.Di. Triveneto, sia pure con modalità peculiari, in un caso con applicazione della sanzione come indicata da un Consiglio e da un notaio, in un alto caso con applicazione della sanzione indicata dalle parti ma con esclusione tuttavia delle attenuanti.

Anzitutto va detto con chiarezza che la Commissione non è mai vincolata ad una proposta; infatti nel secondo caso citato, la Commissione ha appunto ritenuto di applicare la sanzione indicata dalle parti, ma escludendo che il notaio avesse diritto alle attenuanti che chiedeva. Questo dimostra che la Commissione, nel valutare la proposta, ha ritenuto che la sanzione fosse adeguata ma senza ridurla rispetto ad una valutazione di maggior gravità di quella ipotizzabile.

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Dunque può accadere che la Commissione assolva il notaio perché ritenga comunque insussistente l’illecito (o prescritto), applicando lo stesso principio indicato dall’art. 444 c.p.c. per cui l’innocenza va comunque dichiarata se risulti; allo stesso modo può irrogare una sanzione diversa da quella proposta dalle parti.

Il contenuto della proposta

In entrambe le ipotesi praticate, le proposte di patteggiamento sottoposte alla Commissione contenevano alcuni elementi che la decisione disciplinare non può prevedere e che possono quindi indurre ad avallare la proposta ricevuta: si tratta del risarcimento del danno all’immagine subita dal Consiglio e del pagamento delle spese di lite dell’assistenza legale del Consiglio.

Il risarcimento del danno all’immagine è, a ben vedere, la conseguenza della violazione della lett. a) dell’art. 147 l.n., quando sia stato leso il prestigio della classe notarile. Non è raro che una questione venga alla ribalta della cronaca, come nel secondo caso che cito, in cui i giornali locali avevano dato ampio risalto all’evento. Ora la sanzione disciplinare inflitta colpisce sì il notaio ma non recupera il danno all’immagine; personalmente ritengo che il Consiglio, in caso simili, potrebbe poi agire in sede ordinaria ai sensi dell’art. 2043 c.c. contro il notaio sanzionato, perché il diritto alla rispettabilità compete anche agli enti esponenziali, non fosse altro perché la lett. a) dell’art. 147 l.n. parla esattamente di questo. Ma è ovvio che il danno verrebbe risarcito solo all’esito di un giudizio favorevole di merito, successivo alla conclusione del procedimento disciplinare in ultimo grado.

Ecco dunque che il patteggiamento che includa il risarcimento si dimostra notevolmente vantaggioso da questo profilo, specie perché non mi risulta che ad oggi sia stata ancora praticata l’ipotesi della causa civile per danni all’immagine. Quanto al pagamento delle spese del procedimento disciplinare, si tratta di un ulteriore manifesto vantaggio, posto che la legge notarile non lo prevede e quindi non si può chiederlo, a mio modo di vedere, nemmeno in separata sede.

La rinuncia all’impugnazione

Essenziale, nell’accordo di patteggiamento, è stata la rinuncia preventiva all’impugnazione della sanzione, che è stata formulata in entrambi i casi a condizione che la sanzione inflitta sia contenuta nella misura indicata alla Commissione. Dal profilo procedimentale si potrebbe discutere se sia ammissibile una rinuncia preventiva all’impugnazione, posto che l’acquiescenza regolata dall’art. 329 c.p.c. si riferisce a provvedimenti già emanati, non a quelli ancora inesistenti.

Infatti in giurisprudenza vi sono oscillazioni sull’ammissibilità della rinuncia preventiva ad impugnare; la questione era stata rimessa alle sezioni unite da Cass., 6/3/2012, n. 3469, ma non ho trovato la loro decisione; in senso opposto v. ad es. la motivazione di Cass., 10/4/2012, n. 5659 (“… nè può essere prestata in via preventiva (pena la sua nullità) rispetto ad un provvedimento giudiziale non ancora emesso“), che richiama Cass., 9/1/1996, n. 83 (che a propria volta rinvia a Cass., 16 ottobre 1974, n. 2870. Senonché queste sentenze si riferiscono ad una rinuncia rispetto ad una decisione ignota, mentre nel nostro caso si parla di rinuncia ad impugnare una decisione conforme alla propria volontà e dunque ritengo che qui sia ammissibile.

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Tuttavia poiché correttamente non si ritiene -in altre materie- che la dichiarazione di “rimettersi alla decisione” costituisca una rinuncia (Cass., 27/1/2014, n. 1553; Cass., 7/7/2004, n. 12419), nella proposta di patteggiamento occorrerà comunque una vera e propria dichiarazione di rinuncia espressa. In ogni caso ritengo che la rinuncia vada comunque indicata perché penso che chi si impegni a non impugnare una decisione conforme ai patti e poi lo faccia ugualmente, violerebbe in modo manifesto la lett. a) dell’art. 147 l.n. perché l’impegno preso, sia egli il notaio sia il presidente del c.n. (che ovviamente deve munirsi del previo consenso del consiglio per aderire ad un patteggiamento) ha un altissimo valore morale quand’anche si discutesse di quello giuridico. Il tutto senza dimenticarsi che chi impugnasse si esporrebbe al reclamo incidentale della controparte. Infine proprio questo impegno a non impugnare è un vantaggio manifesto per tutti: il C.N. potrà eseguire subito la sanzione, senza attendere altrimenti la fine (quantomeno) del procedimento di reclamo (art. 158 c. 3 l.n.); il notaio riceverà sì a sanzione ma in misura ridotta a quella ipotetica in astratto; nessun reclamo verrà proposto e la questione sarà definita una volta per tutte.

Se poi il patteggiamento venga proposto prima di un’istruttoria alle volte complicata (in Co.Re.Di. ho visto due volte perizie, più di una volta testimonianze complesse) anche la Commissione ne viene sollevata, anche in sede di motivazione perché, pur dovendo dare atto degli elementi di colpevolezza e della congruità della sanzione, potrà comunque evitare motivazioni minuziose in quanto l’accordo delle parti che viene sottoposto al suo esame contiene pur sempre una confessione di responsabilità disciplinare. Va da sé che la decisione della Commissione sarà invece giustamente impugnabile dal profilo formale, altro essendo il merito, laddove si discosti dalla proposta, com’è in suo potere; la rinuncia all’impugnazione è sempre intesa a condizione che vi sia relatio perfecta tra proposta e decisione.

Effetti della decisione della Commissione

Un ultimo avvertimento: diversamente da quanto prevede l’art. 445 c.p.p., come modificato con la riforma “Cartabia”, per il quale “la sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia non ha efficacia e non può essere utilizzata a fini di prova nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi, compreso il giudizio per l’accertamento della responsabilità contabile“, la decisione della Co.Re.Di. costituisce sempre un precedente che può rilevare agli effetti della recidiva, purchè si tratti di illeciti successivi (Cass., 20/1/1994, n. 458; Cass., 7/3/1984, n. 1599) o della valutazione di comportamenti diversi del notaio, qui anche anteriori perché la questione non sarebbe la recidiva ma la valutazione della personalità dell’autore dell’illecito disciplinare.

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