Cosa è la sdemanializzazione tacita?

Indice:

Cosa sono i beni demaniali?

I beni demaniali sono beni pubblici, cioè di proprietà di enti pubblici. Sono regolati dall’art. 823 c.c. che indica anche il “divieto di alienazione”, cioè di vendita. Lo Stato o la Regione o l’ente proprietario possono concederne l’utilizzo mediante concessione, ma è escluso che un provato possa mai diventarne proprietario, nemmeno per usucapione.

Tuttavia taluni beni del demanio possono perdere questa qualità. Ad es. una caserma non più utilizzata può passare dal demanio al patrimonio pubblico, i cui beni possono invece essere venuti a certe condizioni.

Si parla allora di sdemanializzazione.

Vediamo gli aspetti tecnici di questo problema.

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Il principio affermato dalla Corte di Cassazione: la sdemanializzazione tacita

Le sezioni unite della Cassazione, con la sentenza 7 aprile 2020, n. 7739, ribadendo quanto detto nella sentenza 19 febbraio 2019, n. 4839, hanno confermato un principio solido nel tempo ma che non è oggetto di molte pronunce. Il principio è che il nostro ordinamento contempla il meccanismo della c.d. sdemanializzazione tacita, non regolato da alcuna norma di legge.

Come detto prima, se un bene del demanio perde la sua funzione, può passare al patrimonio dell’ente pubblico titolare. Sono escluse alcune eccezioni che vietano questa fattispecie, ad es i beni del demanio idrico (art. 35 cod. nav.) e del demanio marittimo (art. 947 c.c.).

La sdemanializzazione dovrebbe però essere fatta tramite un  provvedimento amministrativo, che però può avere anche carattere solo dichiarativo, accertando il fatto già avvenuto della perdita dell’uso del bene . Secondo i giudici, allora, la perdita della demanialità deriva, oltre che da decisioni dell’ente, dalla pura situazione di fatto, perché ciò è semplicemente accaduto nel tempo. Ad es. per l’abbandono di una strada per sostituzione di altra; per la chiusura definitiva di una caserma ecc.

Questa è la sdemanializzazione tacita.

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Alcune precisazioni sulla sdemanializzazione tacita

La decisione della Cassazione è corretta ma consente un ulteriore sviluppo.

Infatti solo i beni del demanio e del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, al contrario di quelli del patrimonio disponibile.

Quindi, a seconda di come si configurano gli eventi, è possibile che i beni pubblici diventino oggetto di usucapione dei privati.

Il semplice non uso di un bene non significa sdemanializzazione. Occorre infatti accertare che sussista la volontà di dismissione dell’ente. Ad es. una strada non utilizzata perché sostituita da altra, non significa che non interessi più l’ente proprietario, salvo il totale abbandono del sedime che venga ricoperto dalla vegetazione.

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L’istituto del c.d. “immemorabile”

Secondo Cass., 13 giugno 1983, n. 4051,

costituisce una presunzione di legittimità del possesso attuale, fondata sulla vetustas, e cioè sul decorso di un tempo talmente lungo che si sia perduta memoria dell’inizio di una determinata situazione di fatto, senza che ci sia memoria del contrario”.

La cassazione precisa che per avere “la prova di siffatta situazione, deve provenire da soggetti appartenenti ad almeno due generazioni, vale a dire non solo dagli ultracinquantenni della generazione attuale ma anche, secondo il loro ricordo, dai rispettivi genitori”.

Laddove emerga questo abbandono  dell’amministrazione,  il bene potrà essere oggetto di possesso e di usucapione.

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 Le parole della sentenza 7 aprile 2020, n. 7739: la continuità con il codice del 1865.

Anzitutto la decisione del 2020 conferma che il principio affermato si pone in continuità con le regole del codice civile del 1865. Non si tratta di un semplice relitto storico, perché in molte regioni è ancora attuale il procedimento di liquidazione degli usi civici.

E’ frequentissimo, ad es. in Veneto, che vi siano immobili di privati costruiti su beni assoggettati ad usi civici. Chi scrive, inoltre, ha seguito una vicenda a Venezia relativa ad un’area donata a fine ‘800 al Comune di Venezia perché vi erigesse un mercato ittico (i mercati rientrano nel demanio). Questo mercato in effetti venne realizzato, ma poi fu spostato in altro luogo, con successiva recinzione dell’area, utilizzata poi nel tempo solo da privati.

La motivazione principale della sentenza

Dice la sentenza della Cassazione che “il passaggio del bene pubblico al patrimonio disponibile dello Stato consegue direttamente al realizzarsi del fatto della perdita della destinazione pubblica del bene, cosiddetta sdemanializzazione tacita”. Questo significa che ” la declassificazione prescinde dal provvedimento dell’autorità amministrativa, diversamente da quanto invece previsto dall’art. 35 c.n., per il demanio marittimo e dall’art. 947 c.c., comma 3, per il demanio idrico (Cass. sez. II, 11/05/2009, n. 10817 del 2009; Cass. sez. II n. 14666 del 2008)”.

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Il problema delle valli da pesca in Veneto

Un tema molto vicino a questo e che ha coinvolto i notai che avevano rogitato gli atti di vendita, ha riguardato le c.d. Valli da pesca. Si tratta di  aree della laguna di Venezia utilizzate per l’allevamento del pesce che sono chiuse da argini artificiali, ma che sono in contatto con le acque pubbliche. Quindi le acque pubbliche  entrano ed escono dalle apposite porte d’ingresso.

Queste aree sono state oggetto di vendita tra privati per secoli, addirittura fin dal XV secolo; una di queste era stata venduta dal tribunale di Venezia nel 1866.

Senonchè un certo giorno l’agenzia del demanio ne ha chiesto la restituzione allo Stato, ritrenendole demaniali. Di lì è seguita una serie di cause da parte dei titolari di queste valli che hanno avuto tutte il medesimo esito: si tratta di aree appartenenti al demanio pubblico. Lo ha detto la Corte di cassazione a sezioni unite (14 febbraio 2011, n. 3665) con principio ribadito ad es. anche con la sentenza 28 gennaio 2016, n. 1619. Quest’ultima ribadisce che “la natura demaniale di un bene non può cessare per effetto di mere attività materiali eseguite da soggetti privati”.

Le valli da pesca sono state restituite?

I titolari in buona fede delle valli si sono rivolti alla Corte dei diritti umani, lamentando l’esproprio subito, ricevendo una soddisfazione.

Infatti con la lunghissima sentenza 23 settembre 2014 (Ricorsi n. 46154/11) la CEDU ha riconosciuto le loro ragioni.

La Corte considera che lo Stato non abbia mantenuto un giusto equilibrio tra gli interessi pubblici e privati in gioco e che la ricorrente abbia dovuto sopportare un carico eccessivo e sproporzionato. Pertanto vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1”.

Tuttavia stante la complessità del caso e la pluralità degli interessi in gioco, ha liquidato una modesta somma a titolo provvisorio. la decisione ha invitato “il Governo e la ricorrente a metterla a conoscenza, entro sei mesi, di qualsiasi accordo cui potranno giungere”, dato che si è suggerita la via della definizione del problema.

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La distinzione tra le categorie dei beni pubblici: i beni demaniali.

E’ però importante ricordare i passi della sentenza a sezioni unite n. 3665/2011, perché si deve capire quale sia la sorte dei beni laddove sia ammessa la sdemanializzazione tacita.

Anzitutto la decisione ribadisce la tassatività dell’elenco dei beni pubblici. Questo impedisce di ritenere demaniale qualsivoglia bene per la sola ragione del suo uso pubblico.

I beni demaniali, elencati nell’art. 822 c.c. secondo un criterio di tassatività, hanno come caratteristica comune il fatto di essere beni immobili o universalità di mobili e di appartenere necessariamente ad enti territoriali”. Si tratta dello Stato, delle regioni, delle province (ed oggi delle città metropolitane) e dei comuni (art. 824 c.c.). “Questi beni sono tali o per loro intrinseca qualità (c.d. demanio necessario, ossia il demanio marittimo, idrico e militare, art. 822, comma 1) o per il fatto di appartenere ad enti territoriali (cd. demanio accidentale od eventuale: strade, autostrade, aerodromi, immobili di interesse storico ed artistico, raccolte dei musei etc., art. 822 c.c., comma 1)”.

Il regime di circolazione dei beni demaniali

In secondo luogo resta fuori discussione l’impossibilità di farne oggetto di contratto tra privati. Ma è esclusa anche l”usucapione:
Il regime giuridico di tali beni, contenuto nell’art. 823 c.c. prevede che essi sono “inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano”. Questo vuol dire che “essi non possono costituire oggetto di negozi giuridici di diritto privato, nè possono essere usucapiti, in quanto sono del tutto non commerciabili”.

E’ opportuno ricordare che la natura demaniale può derivare anche dalla “sua intrinseca rilevanza archeologica“: Cass., 15 ottobre 2018, n. 25690.

Interessante notare poi che un bene può diventare demaniale “per usucapione dell’ente pubblico”. Questo accade se del “bene privato del quale per oltre un ventennio, nella erronea convinzione che fosse demaniale, l’ente abbia disposto la concessione in uso a terzi”: Cass., 6 maggio 2014, n. 9682.

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In particolare, la spiaggia come parte del demanio marittimo

La sdemanializzazione tacita non opera per i beni del demanio marittimo (art. 35 c.n.), tra i quali è inclusa la spiaggia (comprensiva dell’arenile). Di conseguenza un albergo costruito su area di tale demanio non può essere oggetto di compravendita.

Cass., 19 febbraio 2019, n. 4839 ha precisato cosa si intende per arenile.

E’ “quel tratto di terraferma che risulti relitto dal naturale ritirarsi delle acque” che “permane anche qualora una parte di esso sia stata utilizzata per realizzare una strada pubblica, non implicando tale evento la sua sdemanializzazione”. La natura demaniale “non può venir meno per il semplice fatto che un privato abbia iniziato ad esercitare su di esso un potere di fatto, realizzandovi abusivamente opere e manufatti (Cass., Sez. 2, 11/5/2009, n. 10817)”. Inoltre “in difetto di espresso e formale provvedimento di sdemanializzazione adottato dell’autorità amministrativa, l’arenile non perde la propria qualità di bene demaniale”. Con la conseguenza che “il possesso del medesimo da parte del privato è improduttivo di effetti nei confronti della pubblica amministrazione (art. 1145 c.c., comma 1) e, in particolare, è inidoneo all’acquisto della proprietà per usucapione (Cass., Sez. 1, 6/5/1980, n. 2995)”.

I beni del patrimonio indisponibile

Una considerazione in parte diversa spetta ai beni del patrimonio indisponibile. Tuttavia per questi non esiste un elenco tassativo.

Di nuovo valgono  le parole della sentenza a sezioni unite n. 3665/2011.

i beni patrimoniali indisponibili, invece, possono essere sia mobili che immobili e possono appartenere anche ad enti pubblici non territoriali a titolo esemplificativo, si pensi ai beni appartenenti agli enti di previdenza). Essi hanno, nella sistematica del codice, carattere residuale”.

Questi sono regolati dall’art. 826 c.c.  e dall’art. 828 c.c.

I beni patrimoniali indisponibili, perciò, sono commerciabili, ma sono gravati da uno specifico vincolo di destinazione all’uso pubblico, pur potendo formare oggetto di negozi traslativi di diritto privato”.

Di conseguenza s non sono usucapibili gli “alloggi costruiti con il contributo dello Stato in conseguenza di terremoti per far fronte alle esigenze delle popolazioni colpite dagli eventi sismici” perchè rientrano  nel patrimonio indisponibile (Cass., 27 febbraio 2012, n. 2962).

I beni collettivi ad uso pubblico

Nella sentenza a sezioni unite n. 3665/2011 si para anche della nuova categoria dei beni collettivi ad uso pubblico. Questa risale ad una categoria del diritto romano, erano i beni che appartenevano necessariamente a tutti e non potevano nemmeno essere considerati pubblici in senso stretto.

I romani dicevano  “nullius in bonis, sed universitatis”.

Dice la sentenza:

dagli artt. 2, 9 e 42 Cost., e stante la loro diretta applicabilità, si ricava il principio della tutela della umana personalità e del suo corretto svolgimento nell’ambito dello Stato sociale, anche nell’ambito del “paesaggio”

Va ricordato che dal 2023 il paesaggio è entrato nell’art. 9 della Costituzione.

Per la cassazione include  “quei beni che, indipendentemente da una preventiva individuazione da parte del legislatore, per loro intrinseca natura o finalizzazione risultino, sulla base di una compiuta interpretazione dell’intero sistema normativo, funzionali al perseguimento e al soddisfacimento degli interessi della collettività”.

Senonché per questi beni la conseguenza non è la sicura inalienabilità.

“La regola della non commerciabilità di detti beni, originariamente prevista dal legislatore in modo assoluto, incontra sempre più eccezioni, con la conseguenza che in alcune ipotesi la proprietà “pubblica” del bene e la destinazione dello stesso ad usi e finalità pubbliche (della collettività) diventano aspetti scindibili”.+

N ella sentenza c’è un lunghissimo elenco di norme che elencano la casistica

I beni del patrimonio disponibile

La sentenza a sezioni unite n. 3665/2011 conclude infine il discorso parlando del patrimonio pubblico disponibile.

Residuano, infine, i beni patrimoniali disponibili, ai quali non si applica nè il regime dei beni demaniali, nè quello dei beni patrimoniali indisponibili, ma quello ordinario del codice civile (art. 828 c.c., comma 1)”.

Questi beni sono “commerciabili, alienabili, usucapibili e soggetti ad esecuzione forzata. Si tratta, in altre parole, di beni che possono appartenere allo Stato e agli enti pubblici allo stesso modo in cui possono appartenere a soggetti privati, ossia di beni per i quali non ha senso parlare di vincolo di destinazione”.

Di conseguenza i beni del patrimonio disponibile, ad es. un appartamento, sono suscettibili di usucapione: Cass., 10 marzo 2006, n. 5158.

 Si può quindi trasferire un bene che apparteneva al demanio?

Da quanto fin qui ricostruito emerge che un bene demaniale come tale non può essere oggetto di atti di disposizione. Tuttavia  può essere sdemanializzato anche tacitamente, se non rientra nelle due categorie in cui ciò è escluso (art. 35 c.n. e 947 c.c.), Non può essere sdemanializzato nemmeno se riconducibile alla nuova categoria dei beni collettivi.

A seguito di sdemanializzazione tacita, può subire una diversa destinazione.

Una caserma che venga adibita a sede di un ufficio giudiziario, ad es., assumerà natura di bene pubblico indisponibile e quindi rimarrà vincolato.

Una caserma abbandonata alla natura può invece diventare parte del patrimonio disponibile ed essere venduta.

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