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Cosa significa anatocismo bancario?
L’anatocismo, nel contesto bancario, si riferisce alla pratica della capitalizzazione degli interessi, ossia la produzione di interessi su interessi già maturati. Questa pratica, seppur diffusa in ambito finanziario, è soggetta a regolamentazioni stringenti per evitare abusi che possano danneggiare i clienti.
La sentenza n. 21344 del 30 luglio 2024 è qui scaricabile (Cassazione 30 luglio 2024 n. 21344 anatocismo bancario).
Definizione e Inquadramento Normativo
L’articolo 1283 del Codice Civile italiano stabilisce che gli interessi scaduti possono produrre ulteriori interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza e sempre che si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi.
Questa disposizione ha l’intento di tutelare i debitori da un aumento esponenziale del debito dovuto alla capitalizzazione degli interessi.
Divieto di Capitalizzazione degli Interessi
Il divieto di anatocismo in ambito bancario è stato ulteriormente rafforzato dalla legislazione successiva e dalle decisioni giurisprudenziali.
La legge n. 154 del 17 febbraio 1992, nota come “Legge sulla Trasparenza Bancaria”, ha introdotto significative modifiche volte a garantire una maggiore tutela dei consumatori.
Tra queste modifiche, si evidenzia il divieto di calcolare interessi su interessi nelle operazioni di conto corrente, salvo specifica convenzione tra le parti che sia successiva alla scadenza degli interessi.
La Corte di Cassazione, con numerose sentenze, ha interpretato restrittivamente le norme sull’anatocismo. Ad esempio, la sentenza n. 21095 del 4 novembre 2004 ha ribadito che la clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi nei contratti bancari è nulla, salvo che sia stata pattuita esplicitamente e separatamente per ciascun trimestre.
Regolamentazione Attuale
La disciplina degli interessi bancari è contenuta all’art. 120 del Testo Unico Bancario (d.lgs n. 385/1993) il quale prevede:
“…
2. Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che:
a) nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori, comunque non inferiore ad un anno; gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui sono dovuti;
b) gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale; per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, per gli sconfinamenti anche in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido:
1) gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1º marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati; nel caso di chiusura definitiva del rapporto, gli interessi sono immediatamente esigibili;
2) il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l’autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché prima che l’addebito abbia avuto luogo.
3. Per gli strumenti di pagamento diversi dagli assegni circolari e bancari restano ferme le disposizioni sui tempi di esecuzione, data valuta e disponibilità di fondi previste dagli articoli da 19 a 23 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11“.
Il ricorso dell’associazione dei consumatori
La nota associazione di consumatori ha inizialmente adito il Tribunale di Cuneo nel 2014 per sentire condannare 8 diversi istituti di credito
Leggi anche: Si può donare denaro con bonifico bancario? Cassazione sezioni unite 27/7/2017 n. 18725
La decisione della Cassazione
La Cassazione ha accolto il ricorso dell’associazione di consumatori ricostruendo la composta disciplina relativa agli interessi anatocistici.
Cerchiamo quindi di riassumere al massimo la vicenda normativa relativa all’anatocismo bancario. Inizialmente l’art. 120 comma 2 del T.U.B. era stato introdotto dal d.lgs. n. 342/1999. Poi è stato modificato dall’art. 1, comma 629, della l. n. 147/2013 (legge di stabilità del 2014). Poi altre modifiche furono introdotte e smantellate poco dopo, ma la disciplina definitiva che abbiamo oggi è stata introdotta dal art. 17-bis d.l. n. 18 del 2016, inserito in sede di conversione dalla l. n. 49 del 2016.
La Cassazione ha rilevato nel merito che la l. n. 147 del 2013 era volta a escludere l’applicazione di interessi su interessi anche se non lo affermava espressamente. In particolare, questa legge, combinata con la versione del 2013 dell’art. 120 T.U.B., prevedeva comunque un divieto di anatocismo in quanto stabiliva che il CICR prevedesse “gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale“. La Cassazione ha inoltre interpretato le parole “interessi periodicamente capitalizzati” non come ammissione dell’anatocismo, bensì come interessi calcolati solo sul capitale: pratica invece ammessa.
Alla luce del ragionamento qui riportato, la Cassazione ha quindi in definitiva considerato che gli istituti di credito convenuti non potessero continuare a capitalizzare gli interessi in conformità alla delibera CICR 9 febbraio 2000 tra il 2013 e il 2016 quando è stata emanata la disciplina specifica.
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Conclusioni
In conclusione quindi la Corte d’appello dovrà riformare la propria decisione adeguandosi al principio di diritto stabilito dalla Cassazione.
Gli istituti di credito convenuti non potevano quindi applicare interessi su interessi (cd. interessi anatocistici) nel periodo tra il 2013 e il 2016 poiché la normativa già lo impediva.
Queste le parole della Cassazione: “Il cit. art. 120, comma 2, è stato «sostituito» ─ così si è espresso il legislatore, nella circostanza ─ dal comma 629 dell’art. 1 della l. n. 147 del 2013: quella versione della norma è stata dunque espunta dall’ordinamento e, in mancanza di alcuna disciplina transitoria, ha cessato di regolamentare la fattispecie da essa regolamentata. Ciò ha reso inoperante la delib. CICR del 9 febbraio del 2000: venuta meno la norma primaria che la legittimava, detta delibera non è stata più in grado di disciplinare i rapporti bancari per il periodo segnato dalla vigenza del nuovo quadro regolatorio. È escluso, dunque, che nel periodo successivo all’entrata in vigore del nuovo art. 120, comma 2 t.u.b. la detta delibera potesse continuare a trovare applicazione. Vero è, piuttosto, che con la l. n. 147 del 2013 venne rispristinato, anche con riguardo ai contratti bancari, il divieto codicistico, posto dall’art. 1283 c.c., di applicare interessi anatocistici“.
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