Accettazione tacita dell’eredità: spiegazione e due recenti casi affrontati dalla Cassazione

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Accettazione tacita dell’eredità: significato

L’accettazione tacita dell’eredità rappresenta una delle modalità attraverso le quali un individuo diventa erede di un defunto. La legge concede un periodo di tempo considerevole per prendere una decisione definitiva in merito all’accettazione o alla rinuncia dell’eredità. Si tratta di un termine decennale (10 anni) stabilito dall’art. 480 c.c. Può ben succedere quindi che una persona chiamata a decidere se accettare l’eredità di un defunto prenda molto tempo prima di dare la sua risposta.

Per accorciare questo lungo periodo di tempo è possibile chiedere ad un giudice che stabilisca un termine perchè il chiamato all’eredità dica se accetta o meno (art. 481 c.c.) oppure spesso succede che alcuni comportamenti tenuti da chi è chiamato all’eredità possono essere interpretati come una tacita accettazione, anche prima che questa sia formalmente dichiarata. E’ dunque cruciale comprendere che determinate azioni possono implicare un’immediata accettazione dell’eredità. Senza che sia necessario esprimere un sì o un no chiaro.

L’art. 476 c.c. definisce cosa si intende per accettazione tacita dell’eredità: “L’accettazione è tacita quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede“. Dunque non ogni atto compiuto dal chiamato all’eredità può comportare un’accettazione tacita, bisogna fare delle distinzioni.

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Alcuni comportamenti standard che importano accettazione tacita dell’eredità

Il principio generale è che: l’accettazione deve intendersi avvenuta tacitamente quando il chiamato compie un atto che presuppone necessariamente la volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella sua qualità di erede e di dominus dei beni ereditari (c.d. pro herede gestio).

Ci sono alcuni comportamenti che tradizionalmente sono idonei ad integrare quei comportamenti richiesti dalla legge al fine di riconoscere che ci sia stata un’accettazione tacita dell’eredità e sono:

  1. Utilizzo dei beni ereditari: Se un erede inizia a utilizzare i beni ereditari in modo continuativo e consapevole, ad esempio abitando in un immobile appartenente all’eredità o utilizzando conti bancari o beni mobili ereditari, ciò può essere interpretato come una manifestazione implicita della volontà di accettare l’eredità.
  2. Assunzione di obbligazioni ereditarie: L’assunzione di debiti o l’accettazione di obbligazioni legate all’eredità possono essere considerati come un segno di accettazione tacita. Ad esempio, se un erede inizia a pagare le bollette o a gestire i debiti del defunto, ciò può essere interpretato come un’implicita accettazione dell’eredità.
  3. Rappresentanza in atti giuridici: Se un erede agisce come rappresentante legale dell’eredità in procedimenti giudiziari o compie atti di disposizione dei beni ereditari, questo può essere interpretato come una manifestazione implicita della volontà di accettare l’eredità.
  4. Comunicazioni o comportamenti espliciti: Anche se non è necessaria una dichiarazione formale di accettazione, se l’erede comunica esplicitamente la sua volontà di accettare l’eredità o compie comportamenti che chiaramente manifestano tale intenzione, ciò costituirà un’accettazione tacita.

È importante sottolineare che, una volta avvenuta l’accettazione tacita dell’eredità, il chiamato all’eredità diventerà effettivamente un erede e assumerà tutte le obbligazioni e i diritti ad essa connessi, non potendo più rinunciarvi.

La voltura catastale e la partecipazione in giudizio (Cass., 18 aprile 2024, n. 10544)

Con la recente sentenza indicata la Cassazione è tornata su due questioni diverse ma spesso convergenti: se il chiamato all’eredità partecipa a un giudizio di divisione dei beni ereditari comporta accettazione tacita? e se il chiamato all’eredità esegue una voltura catastale ciò comporta un’accettazione tacita?

Quanto alla prima questione, ovvero se la partecipazione a un giudizio da parte del chiamato all’eredità possa comportare accettazione tacita, questo è un principio già consolidato nella giurisprudenza di legittimità. Nel caso di specie la Cassazione ha confermato che la partecipazione di un chiamato all’eredità, anche se avesse già dichiarato di rinunciare all’eredità, al giudizio di divisione comporta l’acquisizione della qualità di erede per integrazione di un comportamento idoneo a determinare l’accettazione tacita dell’eredità. L’unico modo per evitarlo è contestare espressamente questa qualità.

Bisogna prestare particolare attenzione nei giudizi successori perchè nel caso affrontato dalla Cassazione i giudici hanno ritenuto che il chiamato all’eredità che aveva semplicemente detto di aderire al giudizio di divisione dei beni ereditari comporta un’accettazione tacita di eredità.

Infine, è importante ricordare che si può diventare eredi per accettazione tacita dell’eredità anche rimanendo contumaci ai giudizi che riguardano i beni del defunto (v. ad es. Cass., n. 13384 dell’8 giugno 2007).

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Quanto alla seconda questione la Cassazione ha più volte ribadito che si può configurare un’accettazione tacita di eredità ponendo in essere atti che hanno natura sia fiscale che civile. Si esclude dunque anzitutto che dei documenti di valore meramente fiscale (ad esempio la dichiarazione di successione) possano comportare un’accettazione tacita dell’eredità.

Ci sono però una serie di altri obblighi burocratici che si rendono obbligatori quando una persona decede che hanno sia valore fiscale che civile, per cui il loro compimento da parte di un chiamato all’eredità comporta accettazione tacita della stessa (sul punto si è espressa chiaramente Cass., n. 11478 del 30 aprile 2021). La voltura catastale è uno di quelli adempimenti fiscali e civili cui la giurisprudenza ha riconosciuto valore di comportamento incompatibile con la volontà di rinunciare all’eredità, pertanto comporta accettazione tacita dell’eredità. Gli unici casi in cui l’esecuzione di una voltura catastale non comporta un’accettazione tacita dell’eredità è quando la si fa su delega o con successiva ratifica da parte di altri successibili.

L’adempimento di un legato implica accettazione tacita? (Cass., n. 11389 29 aprile 2024)

Questa recente decisione ha ancora una volta stabilito che l’adempimento di un legato da parte del chiamato non integra necessariamente un atto di accettazione tacita. Ha considerato infatti che questo comportamento è simile a quello di un terzo che adempie a una disposizione mortis causa a titolo particolare, cosa che è già permessa per i debiti ereditari.

Nel caso di specie il defunto aveva nominato sua erede universale una discendente, ma aveva stabilito che questa dovesse riconoscere una certa somma di denaro ad un’altra persona per il supporto che gli aveva fornito nell’ultimo periodo di vita. La discendente chiamata ad accettare l’eredità aveva rinunciato e la creditrice aveva allora iniziato una causa chiedendo che fosse accertata l’accettazione tacita dell’eredità perchè aveva parzialmente pagato il debito indicato con un bonifico bancario.

La questione da risolvere è quindi la seguente: l’eventuale adempimento spontaneo di un legato da parte di un chiamato alla successione può comportare accettazione tacita dell’eredità e rendere inefficace una successiva rinuncia?

Un criterio fondamentale che si usa per comprendere se il chiamato all’eredità ha acquistato tacitamente la qualità di erede adempiendo al legato (in questo caso relativo al pagamento di una somma di denaro) consiste nel vedere se ha utilizzato soldi propri o soldi appartenenti all’eredità. Se infatti si utilizzano soldi propri per adempiere al legato non si configura l’accettazione tacita dell’eredità.

Il principio stabilito dalla Corte è che: non integra accettazione tacita di eredità il pagamento di un debito che il chiamato abbia eseguito con denaro proprio, poiché a tale adempimento può provvedere anche un terzo senza alcun esercizio di diritti successori (art. 1180 c.c.). Lo stesso vale per l’adempimento di un legato, che ben potrebbe essere adempiuto da un terzo. 

Come difendersi per evitare l’accettazione tacita e come agire per l’accertamento della sua avvenuta?

Se si è stati chiamati ad accettare l’eredità di un proprio parente scomparso è spesso importante prendere la decisione con la dovuta calma per comprendere se ci sono debiti che potrebbero essere ereditati insieme a tutto il resto. L’accettazione tacita dell’eredità spesso può avvenire in modo inconsapevole e la normativa sul punto è molto specifica e di difficile interpretazione.

Per questi motivi è opportuno prima di compiere qualsiasi atto rivolgersi a un professionista per un parere legale sui comportamenti da tenere o non tenere per evitare di incorrere nell’accettazione tacita dell’eredità.

Se invece si vuole accertare che un parente abbia accettato tacitamente l’eredità è possibile anzitutto avviare una mediazione civile che ha costi contenuti e permette di tentare di raggiungere un accordo stragiudiziale. Fallito questo tentativo si può sempre ricorrere al giudizio civile avviando una causa davanti al Tribunale competente per sentir accertata l’accettazione dell’eredità altrui.

E’ altresì possibile fare in modo che un chiamato all’eredità, che indugi per troppo tempo sul dichiarare il proprio consenso o rifiuto, sia obbligato a dare una risposta entro un termine fissato dal giudice con una cd. actio interrogatoria avviata con ricorso al Tribunale competente.

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