Diritto di servitù di veduta: le ultime parole della Cassazione

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Il diritto di servitù di veduta

Il diritto di veduta è disciplinato dal codice civile all’art. 907 e conferisce a un individuo il diritto di godere della visuale aperta da una proprietà, tipicamente in relazione a un panorama o a un’ampia veduta paesaggistica. In generale, il diritto di veduta può essere acquisito per legge,  tramite accordi contrattuali o attraverso idonea domanda al tribunale. Ad es. può avvenire attraverso la costituzione di una servitù o attraverso le regolamentazioni urbanistiche o piani di zonizzazione.

Il diritto di veduta impone un dovere al proprietario del terreno confinante di non intraprendere azioni che possano ostruire o limitare la visuale del soggetto beneficiario. Tuttavia, è importante sottolineare che tale diritto non implica necessariamente la proprietà della visuale stessa, ma piuttosto il diritto di usufruire di essa in modo non ostacolato.

Le controversie relative al diritto di veduta possono emergere in caso di costruzioni, alberature o qualsiasi altra azione che comprometta o limiti la visuale precedentemente goduta. La risoluzione di tali controversie avviene attraverso il ricorso al tribunale competente e, ancora prima, alla procedura di mediazione.

Cosa si intende per diritto di servitù

Per diritto di servitù si intende un vantaggio o una utilità per un terreno (detto “fondo servente”) a favore di un altro terreno (detto “fondo dominante”). Questo diritto implica il permesso di esercitare un’utilità specifica sul fondo servente a vantaggio del fondo dominante, come ad esempio il passaggio, il transito di servizi, la conduzione di impianti o la visuale.

Il diritto di servitù di veduta si configura dunque come una forma particolare di servitù che consente al proprietario di un terreno -ma ovviamente si intendono anche gli immobili- (cd. fondo dominante) di godere di una visuale attraverso un fondo servente, solitamente in relazione a un panorama o a una specifica visuale paesaggistica.

Il caso affrontato dall’ordinanza n. 32816 del 27 novembre 2023

La Corte di Cassazione in questa ordinanza ha dovuto valutare se fosse intervenuta l’usucapione del diritto di servitù di veduta.

In questo caso si trattava dunque di un soggetto che aveva chiesto venisse accertato che fossero già trascorsi vent’anni (art. 1158 cod. civ.) da quando aveva preso possesso del diritto di veduta e che quindi dovesse ritenersi usucapito il diritto di servitù consistente in quella specifica veduta.

La corte d’appello aveva rigettato la domanda di usucapione della servitù motivando che:

  1. non era stata data prova dell’acquisto iniziale del potere: cioè non è stata data prova che 20 anni fa l’attore ha cominciato a usare quella veduta come se ne fosse il proprietario
  2. non era stata data prova che l’attore ha posseduto questa veduta in modo pacifico, cioè senza che il suo possesso come se ne fosse il proprietario non avesse mai subito interruzioni

Come si prova l’esistenza di un diritto di servitù di veduta

La Cassazione ha cassato la sentenza della corte d’appello ricordando che è consolidato il suo orientamento che stabilisce che per le servitù discontinue (cioè quelle che non richiedono un’attività continuativa per il loro utilizzo, come la servitù di veduta) l’esercizio non continuativo non ostacola la possibilità che si configuri, trascorsi 20 anni, l’usucapione.

Inoltre, la prova per l’esercizio della servitù può essere fornita indicando quei segni visibili del suo utilizzo per quel fine.

Ad es. in questo caso la Cassazione ha considerato idonea l’esistenza di muretti e parapetti in pietra che permettono di appoggiarsi per guardare e affacciarsi al panorama.

Mentre non occorre che l’attore dia prova di essersi effettivamente affacciato e ciò è ragionevole perché tale prova sarebbe in ogni modo fuorviante. Inoltre, l’attore non deve nemmeno provare di aver costruito tali opere, ad es. il muretto o parapetto, esclusivamente per lo scopo di configurare la servitù in quanto è sufficiente che queste opere siano idonee a questo utilizzo.

Le parole della Cassazione

Queste le parole della Cassazione “il requisito dell’apparenza della servitù discontinua, richiesto al fine della sua costituzione per usucapione, si configura quale presenza di segni visibili d’opere di natura permanente obiettivamente destinate al suo esercizio, tali da rivelare in maniera non equivoca l’esistenza del peso gravante sul fondo servente per l’utilità del fondo dominante, dovendo dette opere, naturali o artificiali che siano, rendere manifesto trattarsi non di un’attività posta in essere in via precaria, o per tolleranza del proprietario del fondo servente, comunque senza “animus utendi iure servitutis”, bensì d’un onere preciso, a carattere stabile, corrispondente in via di fatto al contenuto di una determinata servitù che, peraltro, non implica necessariamente un’utilizzazione continuativa delle opere stesse, la cui apparenza e destinazione all’esercizio della servitù permangono, a comprova della possibilità di tale esercizio e pertanto, della permanenza del relativo possesso, anche in caso di utilizzazione saltuaria“.

Come tutelare i propri diritti

Per tutelare i propri diritti a fronte di contestazioni altrui è sempre possibile procedere con una diffida formale ad adempiere per cristallizzare le proprie pretese nei confronti altrui.

Se nascessero delle controversie è sempre possibile tutelare i propri diritti facendo ricorso alla mediazione civile. Una procedura obbligatoria che permette di raggiungere un accordo stragiudiziale che ha il valore della sentenza del tribunale. Qui si potrà affermare l’esistenza della propria avvenuta usucapione delle distanze e si potrà procedere alla relativa trascrizione del diritto.

Se l’accordo fallisse sarà poi sempre possibile avviare un giudizio ordinario avanti il tribunale competente.

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