La responsabilità del notaio verso i terzi

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Il casus belli

La recente sentenza 18/7/2024, n. 19849 della Corte di cassazione affronta il tema della responsabilità del notaio per i danni che un atto da lui stipulato possa aver cagionato a soggetti estranei all’atto. Il tema non riguarda quindi la responsabilità per inadempimento verso le parti assistite, ma quello per fatto illecito che cagioni un danno ingiusto ad un terzo. E’ certamente possibile che un atto pubblico possa causare danni ai terzi, una volta che l’atto sia stato trascritto, solo a pensare al criterio di soluzione dei conflitti tra più aventi causa regolato dall’art. 2644 c.c. In questa ipotesi, peraltro, la responsabilità del notaio è del tutto eccezionale e forse concretamente mai avvenuta, perché solo se il notaio sia a conoscenza dell’esistenza della prima vendita non trascritta dovrebbe avvisare l’acquirente che il venditore non ha più titolo. Ma è chiaro che questa resterebbe una responsabilità contrattuale. Com’è allora che un estraneo può essere leso dall’atto del notaio?

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Le origini della responsabilità per dichiarazioni false o errate

La questione ha origini non recenti e non connesse all’attività notarile. Si può parlare di danno ingiusto ogni volta che una dichiarazione leda la libertà contrattuale di altre persone. Ciò è accaduto per ben due volte a Giorgio De Chirico, che una volta affermò essere suo un quadro falso ed altra volta negò la paternità di un suo quadro. In entrambi i casi venne condannato ex art. 2043 c.c., per aver leso la reputazione del gallerista che aveva posto in vendita il quadro vero e che non venne comprato (App. Milano, 14/1/1975, Arch. civ.,1975) e per aver indotto un soggetto a comprare un quadro falso solo perché affermato vero (Cass., 4/5/1982, n. 2765, Giur. it., 1983, I, 1, 786). La rilevanza delle dichiarazioni “non contrattuali” si è poi estesa alle c.d. lettere di patronage (Trib. Firenze, 30/11/1993, Giust. civ., 1994, I, 1405) o per le informazioni o dichiarazioni false od inesatte operate da una società controllante circa la situazione di una controllata (Cass., 28/02/2012, n. 3003) o quando una banca confermi al prenditore di un assegno, contrariamente al vero, l’esistenza di una provvista nel conto corrente intrattenuto con l’emittente del titolo, inducendolo ad accettarlo come mezzo di pagamento (Cass., 1/08/1992, n. 9167) e così via. La responsabilità può derivare anche da una semplice omissione: i commissari della Consob sono stati infatti ritenuti responsabili per non aver accertato la falsità evidente di un prospetto informativo di una società di investimenti, prospetto che aveva indotto molti investitori ad operazioni risultate poi economicamente disastrose in ragione della falsità delle informazioni ricevute (Cass., 17/11/2016, n. 23418).

Ipotesi di danno ai terzi causato dal notaio

Il notaio, sebbene riceva dichiarazioni delle parti e quindi raccolga la volontà altrui, può essere parte di un meccanismo che cagiona danni ingiusti. Racconto casi della mia esperienza professionale: la vendita “a rischio e pericolo” di beni immobili, trasferiti dal non titolare a terzi, che poi ottengano finanziamenti UE sulla base delle proprietà così comprate, terzi che poi ovviamente scompaiono con i soldi. Il notaio che attesta la proprietà di un bene sulla base delle sole risultanze catastali, inducendo una banca a mutuare una somma e ad iscrivere ipoteca sul bene che in realtà non appartiene al mutuatario perché le risultanze catastali erano del tutto sbagliate. Il notaio che vende beni del demanio ferroviario, costringendo poi la proprietà ad agire contro i terzi che vanno ad abitare negli immobili demaniali. Il notaio che stipula una permuta di una casa in cambio di una “statua antica”, in cui il venditore è anche il procuratore della società acquirente in forza di una procura di vent’anni prima e nel frattempo chi ha comprato la società fallita non trova più la casa, siccome venduta e poi ritrasferita per atto dello stesso notaio… Ovviamente, escludendo la collusione del notaio con le parti (almeno in alcuni di quei casi) resta la sua colpa, sufficiente ex art. 2043 c.c., ma appunto quando ricorre la sua colpa?

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Il caso deciso da Cass. 18/7/2024, n. 19849: la responsabilità del notaio verso i terzi

Nel caso deciso dalla cassazione, il bene era stato venduto da chi si accampava proprietario per successione legittima, laddove molti elementi avrebbero dovuto indurre a verificare che il bene era in realtà di altri, costringendo il primo acquirente ad inseguire il bene e a rivendicarlo dai non proprietari senza poterlo utilizzare. Questi gli argomenti dalla cassazione: a parte la responsabilità che riguarda il rapporto con le parti per omesse visure laddove emergano iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli, si è ritenuto che sussista in forma aquiliana verso i terzi ed in particolare verso il primo acquirente, che aveva stipulato una mera scrittura privata senza fare in tempo a riprodurla avanti al notaio, appunto per “non aver potuto stipulare l’atto pubblico di vendita”. Poi “per non aver potuto godere del possesso legittimo del bene in virtù della stipula dell’atto pubblico confermativo della scrittura privata” reso impossibile dalla vendita dei non proprietari. La natura di questa responsabilità è indicata dalla Corte come extracontrattuale.

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Responsabilità da contatto sociale?

Precisa poi la Corte in quella sentenza, con argomento ormai ben noto ma che fa riferimento ad altra fonte, che “del resto, la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che la cosiddetta responsabilità “da contatto sociale”, soggetta alle regole della responsabilità contrattuale pur in assenza d’un vincolo negoziale tra danneggiante e danneggiato, è configurabile non in ogni ipotesi in cui taluno, nell’eseguire un incarico conferitogli da altri, rechi nocumento a terzi, come conseguenza riflessa dell’attività così espletata, ma – e a questo ulteriore principio di diritto dovrà uniformarsi il giudice di rinvio – quando il danno sia derivato dalla violazione di una o più precise regole di condotta (nella specie quelle del notaio violatrici degli obblighi di controllo e di verifica tipiche della diligenza qualificata esigibile da tale pubblico ufficiale), imposta dalla legge allo specifico fine di tutelare i terzi potenzialmente esposti ai rischi dell’attività svolta dal danneggiante, tanto più ove il fondamento normativo della responsabilità si individui nel riferimento dell’art. 1173 c.c. agli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità dell’ordinamento giuridico (cfr. Cass. n. 11642/2012 e Cass. n. 29711/2020)”.

Osservazioni conclusive

A mio modo di vedere, era inutile scomodare la responsabilità da contatto sociale per i danni derivanti ai terzi, sovrapponendo un istituto spesso in discussione ad uno di consistenza bimillenaria. Bastava parlare semplicemente di responsabilità da fatto illecito, rispetto al quale il compito della giurisprudenza è quello di individuare le singole fattispecie, senza creare incertezze su quale sia la fonte davvero invocabile, solo a ricordare la differenza che sussiste in tema di onere della prova e di prescrizione. A parte questo, resta però un fatto: quando il notaio sia manifestamente superficiale, poiché viene meno proprio alla sua funzione primaria, di attribuire certezza ai traffici giuridici, può creare situazioni di apparenza che ledono l’affidamento delle persone nella bontà delle risultanze dei suoi atti. Non è possibile creare un catalogo astratto dei comportamenti rilevanti ai sensi dell’art. 2043 c.c., ma quelli sopra indicati, a mio modo di vedere, non lasciano spazio a dubbi. Questa responsabilità non va però dilatata oltremodo: il notaio non è tenuto a verificare la verità dei fatti dichiarati delle parti, semmai la sola coerenza delle dichiarazioni, per gli effetti che produrranno, con i dati che normalmente deve verificare quando stipula un atto, ovvero le risultanze delle ispezioni ipocatastali e della conservatoria.

Difesa nel procedimento disciplinare notarile

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