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Fatto colposo del medico di base: l’azienda sanitaria può rispondere del danno
Il caso oggetto della sentenza degli ermellini riguarda un paziente cui è stato diagnosticata in ritardo dal proprio medico di base un’insufficienza renale di cui era affetto. In questo caso chi risponde del danno subito?
La Corte di Cassazione ha ritenuto responsabile anche l’Azienda Sanitaria Locale che risponde del fatto colposo del medico di base suo “dipendente”.
Questa la massima: “La ASL è responsabile, ai sensi dell’art. 1228 c.c., del fatto colposo del medico di base, convenzionato con il SSN, essendo tenuta per legge – nei limiti dei livelli essenziali di
assistenza – ad erogare l’assistenza medica generica e la relativa prestazione di cura, avvalendosi di personale medico alle proprie dipendenze o in rapporto di convenzionamento“.
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Il testo della sentenza 28/05/2024, n. 14846
Qui di seguito il testo della sentenza 28/05/2024, n. 14846:
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
ENRICO SCODITTI Presidente – Rel.
LINA RUBINO Consigliere
CHIARA GRAZIOSI Consigliere
STEFANIA TASSONE Consigliere
RAFFAELE ROSSI Consigliere
Ud.20/05/2024 PU
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 7905/2023 R.G. proposto da:
…, domiciliato ex lege in … -ricorrente-
contro …, elettivamente domiciliato in … -controricorrente-
nonchè contro …, domiciliato ex lege in … -controricorrente-
nonchè contro … -intimati-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 165/2023 depositata il 19/01/2023.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 maggio 2024 dal Presidente relatore ENRICO SCODITTI
Uditi il Pubblico Ministero MARIO FRESA ed i Difensori
Fatti di causa
1. … e … a seguito di accertamento tecnico preventivo, convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Milano Lugi nella qualità di medico di base, chiedendo il risarcimento del danno derivato dalla ritardata diagnosi della grave insufficienza renale di cui il era affetto. Il convenuto chiamò in garanzia l… della Città Metropolitana di Milano e … Assicurazioni. A sua volta, l’… chiamò in garanzia …. Venne disposta CTU. Intervenne quindi in giudizio, con atto autonomo di intervento, … Assicurazioni s.p.a., in qualità di successore a titolo particolare degli attori e del convenuto, allegando la transazione in forza della quale … aveva corrisposto agli attori la somma di Euro 400.000,00, in relazione al danno denunciato ed alle spese anche per consulenze, e gli attori avevano ceduto al convenuto e Unipolsai i diritti nei confronti dell’… e dei coobbligati in solido, e chiedendo la condanna dell’… a rifonderle la somma di Euro 200.000,00.
2. Il Tribunale adito dichiarò la cessazione della materia del contendere nei rapporti tra gli attori, il convenuto ed … Assicurazioni s.p.a., quale terza chiamata dal convenuto, e condannò l’… della Città Metropolitana di Milano al pagamento, a titolo di regresso ex art. 1916, primo comma, c.c., in favore di … s.p.a., nella sua qualità di interveniente volontaria, della somma di Euro 200.000,00, condannando altresì … Company SE a tenere indenne l’ATS di quanto corrisposto.
3. Avverso detta sentenza proposero distinti appelli l’… e … Insurance Company.
4. Disposta la riunione delle impugnazioni, con sentenza di data 19 gennaio 2023 la Corte d’appello di Milano rigettò l’appello proposto dall’ATS ed accolse quello proposto dalla società assicuratrice, rigettando la domanda di manleva proposta dall’….
Osservò la corte territoriale che, sulla base di Cass. n. 6243 del 2015 (con orientamento successivamente recepito dalla legge n. 24 del 2017, non applicabile al caso di specie), l’…, per l’adempimento della propria obbligazione ex lege, si era avvalsa dei medici di medicina generale ad essa legati da un rapporto di parasubordinazione, rispondendo ai sensi dell’art. 1228 c.c. anche dei fatti colposi e dolosi dell’ausiliario di cui si era avvalsa per eseguire la prestazione che era obbligata ad erogare. Premesso che gli attori avevano ceduto al convenuto e … ogni loro diritto nei confronti del coobbligato in solido … e che il aveva a sua volta ceduto ogni suo diritto confronti dell’…, aggiunse che correttamente era stata dichiarata la cessazione della materia del contendere limitatamente agli attori ed al convenuto e … e che la surrogazione ai sensi dell’art. 1916 c.c. era applicabile in caso di responsabilità per atto illecito (Cass. Sez. Un. n. 8620 del 2015). Osservò ancora che le doglianze in ordine alla determinazione del danno erano generiche in quanto non supportate da una analitica ricostruzione dei danni patiti dagli attori, avendo il Tribunale considerato l’entità considerevole del danno biologico differenziale del 40% patito dal per il periodo dall’agosto 2013 – quando se tempestivamente curato avrebbe avuto un’insufficienza renale con compromissione della propria integrità psicofisica del 40% a fronte dell’80% in assenza di tempestive cure – fino al novembre 2016, quando, per effetto del trapianto di rene, la compromissione dell’integrità psicofisica era tornata al 40%. Osservò ulteriormente che il Tribunale aveva tenuto conto della perdita della capacità lavorativa specifica, correttamente individuata a far data dall’agosto 2013, quando la lesione dell’integrità psicofisica aveva raggiunto la percentuale dell’80 % -a fronte del 40% che vi sarebbe stato in caso di cure tempestive -, precludendo lo svolgimento del lavoro di muratore/cartongessista, nonché qualsiasi altra attività di lavoro fisico, e che sussisteva anche il danno da lesione del rapporto parentale con il coniuge stante la significativa anticipata maggiore entità della compromissione psicofisica patita dall’attore tale da necessitare un coinvolgimento diretto della moglie nella sua assistenza, per cui, in definitiva, per un verso la sussistenza delle voci di danno, fondate sulla CTU, facevano ritenere il danno complessivo non inferiore all’importo di Euro 400.000,00, per l’altro, in assenza di una censura più specifica contenuta nel motivo di appello, non vi erano ragioni per discostarsi dalla valutazione operata dal Tribunale. Aggiunse che il rapporto interno fra i due coobbligati in solido era regolato dall’art. 1298 c.c. con ripartizione paritaria delle quote secondo il rapporto fra medico dipendente e struttura ospedaliera (Cass. n. 29001 del 2021; n. 28987 del 2019; Cass. n. 26118 del 2021; la transazione tra medico e danneggiato non impediva l’esercizio dell’azione per l’accertamento della responsabilità della struttura ospedaliera, sulla base di un accertamento incidentale dell’eventuale condotta colposa del sanitario).
Passando al rapporto assicurativo, premise la corte territoriale che l’art. 2 del contratto di assicurazione stipulato dall’.. con … Insurance prevedeva quanto segue: «la Società si obbliga a tenere indenne l’Assicurato, di quanto questi sia tenuto a pagare, a titolo di risarcimento (Capitale, Interessi e Spese), quale civilmente responsabile ai sensi di legge, per i danni involontariamente cagionati a Terzi, per morte, per lesioni personali e per danni a cose, in conseguenza di un fatto verificatosi in relazione all’attività svolta. L’assicurazione vale anche per la responsabilità civile che possa derivare alla Contraente e/o Assicurato da fatto colposo e/o doloso di Persone delle quali o con le quali debba rispondere»; e che l’art. 10 prevedeva quanto segue: «la garanzia comprende la responsabilità civile personale di tutti i Dipendenti dell’Assicurato, ancorché non più alle dipendenze dello stesso al momento in cui emerga il sinistro, nonché quella dei Medici o altro Personale non a rapporto di dipendenza, ma per questi ultimi solo qualora sussista per legge l’obbligo di copertura con oneri a carico della Contraente, per danni arrecati a Terzi ed a Prestatori di lavoro nello svolgimento delle mansioni o degli incarichi esplicati per conto ed ordine dell’assicurato anche all’esterno o presso altre strutture in virtù di apposite convenzioni stipulate dal Contraente stesso. – omissis -La garanzia deve altresì ritenersi operante per i Medici o per altro Personale non a rapporto di dipendenza che, in funzione di specifici accordi, prestino la propria attività in nome e per conto della contraente, tra cui, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo, assegnatari di borse di studio». Precisò che i medici di medicina generale rientravano nella categoria dei “medici non a rapporto di dipendenza”, esplicanti le loro mansioni anche all’esterno in virtù di apposite convenzioni con il contraente … e che, posto che la clausola limitava per tali medici la copertura assicurativa al solo caso in cui sussistesse per legge l’obbligo di copertura con oneri a carico della contraente, al momento del verificarsi dell’inadempimento dell’obbligazione -terminato nell’agosto 2013 – e al momento della stipula del contratto – «effetto dal 31.12.2013 con effetto retroattivo» – tale obbligo non sussisteva. Precisò ancora che neanche dall’art. 27 comma 1 bis del d.l. n.90 del 24.6.2014, convertito con l. n. 114 del 2014, discendeva l’obbligo per le ASL di assicurare anche i medici di medicina generale, dovendosi attendere la legge Gelli del 2017, la quale tuttavia necessitava dell’emanazione di decreti attuativi.
5. Ha proposto ricorso per cassazione l’… della Città Metropolitana di Milano sulla base di sei motivi. Resistono con distinti controricorsi … Assicurazioni s.p.a. e … Insurance Company SE. Il Pubblico Ministero ha presentato le conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento dell’ultimo motivo di ricorso. E’ stata depositata memoria di parte.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 1228 cod. civ. e dell’ACN del 23 marzo 2005 integrato con quello del 29 luglio 2009, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente, alla luce di Cass. pen. n. 34460 del 2003 e n. 36502 del 2008, in coerenza con l’Accordo Collettivo Nazionale, che, in forza dell’insindacabile autonomia del medico sul piano clinico e diagnostico, non può gravare sull’… il rischio della responsabilità per la scelta del medico convenzionato, il quale opera a tutti gli effetti come un libero professionista e non può pertanto essere considerato un ausiliario dell’ASL, né può essere ravvisato un contatto sociale qualificato fra ASL e paziente, ovvero una fattispecie di contratto di spedalità. Aggiunge che il controllo dell’… non si esercita sui contenuti tecnico/professionali, ma su aspetti di natura organizzativo/gestionale specifici e limitati, quali ad esempio la congruità dell’apertura degli ambulatori (art. 36 ACN) e/o i motivi di cessazione del rapporto convenzionale (art. 19 ACN), e che il medico di medicina generale è un libero professionista che esercita la propria attività professionale in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale (e non con l’…), senza rientrare in alcuna organizzazione facente capo esclusivamente all’… al pari di un ospedaliero. Osserva ancora che la stessa giurisprudenza (ad esempio Cass 41982 del 2012; Cass. pen. n. 36502 del 2008, Cass. Pen. n. 34460 del 2003) ha escluso la responsabilità civile delle Aziende Sanitarie Locali a seguito di errore professionale del medico di medicina generale e che, diversamente, si dovrebbe ritenere la responsabilità dell’… anche per l’attività delle farmacie e delle strutture sanitarie accreditate (ospedali privati e pubblici). Aggiunge che in base all’art. 4 l. r. Lombardia n. 33 del 2009 «fermo restando il principio della libera scelta da parte del cittadino, le ASL erogano direttamente le prestazioni necessarie per soddisfare i livelli essenziali di assistenza non affidate ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta, non acquisite dai soggetti erogatori pubblici o privati accreditati e non altrimenti assicurate da terzi» e che erano le Aziende ospedaliere invece le aziende deputate ad erogare attività sanitarie ospedaliere e specialistiche ai sensi dell’art. 5 co 6° L.R. 33/2008 (nella versione vigente all’epoca dei fatti).
1.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis n. 1 c.p.c.. Il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame del motivo non offre elementi per mutare l’orientamento di legittimità.
Deve subito essere sgombrato il campo dalla questione del difetto di titolarità passiva del soggetto obbligato, che risulta adombrata al termine del motivo con il riferimento alle Aziende ospedaliere, perché, in violazione dell’onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c., non risulta specificatamente indicato se un motivo di appello abbia avuto ad oggetto la detta questione.
Il rilievo di assenza di elementi per mutare la giurisprudenza di questa Corte discende dalla circostanza che la censura è essenzialmente basata su una giurisprudenza precedente a quella cui si fa riferimento nella sentenza impugnata, e cioè Cass. n. 6243 del 2015, alla cui motivazione si fa espresso rinvio nella presente sede. Va comunque qui richiamata una parte significativa della motivazione di quest’ultima pronuncia, il cui perno è la norma fondamentale di cui all’art. 25, comma 3, legge n. 833 del 1978 («l’assistenza medico-generica e pediatrica è prestata dal personale dipendente o convenzionato del servizio sanitario nazionale operante nelle unità sanitarie locali o nel comune di residenza del cittadino»).
«Il diritto soggettivo dell’utente del S.S.N. all’assistenza medico-generica ed alla relativa prestazione curativa, nei limiti stabiliti normativamente (dapprima, dal piano sanitario nazionale e, poi, dai LEA), nasce, dunque, direttamente dalla legge ed è la legge stessa ad individuare la ASL come soggetto tenuto ad erogarla, avvalendosi di “personale” medico alle proprie dipendenze ovvero in rapporto di convenzionamento (avente natura di rapporto di lavoro autonomo “parasubordinato”). Il medico convenzionato, scelto dall’utente iscritto al S.S.N. nei confronti della ASL, in un novero di medici già selezionati nell’accesso al rapporto di convenzionamento e in un ambito territoriale delimitato, è obbligato (e non può rifiutarsi, salvo casi peculiari sorretti da giustificazione e, dunque, sindacabili dalla stessa ASL) a prestare l’assistenza medico-generica, e dunque la prestazione curativa, soltanto in forza ed in base al rapporto di convenzionamento (e non già in base ad un titolo legale o negoziale che costituisca un rapporto giuridico diretto con l’utente), il quale rappresenta altresì la fonte che legittima la sua remunerazione da parte, esclusivamente, della ASL (essendo vietato qualsiasi compenso da parte dell’utente). Le prestazioni di assistenza medico-generica, che sono parte dei livelli uniformi (e, poi, dei LEA) da garantirsi agli utenti del S.S.N., sono, infatti, finanziate dalla fiscalità generale, alla quale concorrono tutti i cittadini con il versamento di una imposta». In linea con la risalente e costante giurisprudenza di questa Corte, Cass. n. 6243 del 2015 qualifica il rapporto di convenzionamento in termini di parasubordinazione (fra le tante, da ultimo, Cass. n. 27782 del 2021).
Va così confermata la qualificazione della fattispecie di responsabilità in termini di responsabilità per fatto degli ausiliari di cui all’art. 1228 c.c., secondo quanto prospettato nella pronuncia del 2015. Il soggetto pubblico, per l’adempimento dell’obbligazione di fornire l’assistenza medico-generica cui per legge è obbligato, si vale dell’opera del terzo, cioè di un esercente la professione sanitaria il quale non è dipendente del soggetto obbligato, ma costituisce personale «convenzionato» (in alternativa a quello «dipendente», secondo l’indicazione fornita dall’art. 25, comma 3, legge n. 833 del 1978). Trattasi di una fattispecie di responsabilità, identificata in sede interpretativa dalla giurisprudenza, che è stata poi recepita dal legislatore con l’art. 7 legge n. 24 del 2017 («1. La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose. 2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina»), secondo una linea di continuità fra l’interpretazione giurisprudenziale dell’ordinamento ed il successivo intervento legislativo, quale argomento ex post a sostegno della detta interpretazione (il primo comma del citato articolo 7 stabilisce chiaramente la correlazione fra la collocazione lavorativa dell’esercente ed il titolo di responsabilità: per il dipendente vale l’art. 1218, per il non dipendente l’art. 1228).
Non è elemento idoneo al mutamento della giurisprudenza l’ulteriore argomento secondo cui, riconoscendo la responsabilità dell’… per l’attività del medico generico convenzionato, dovrebbe riconoscersi la responsabilità anche per l’attività delle farmacie e delle strutture sanitarie accreditate. Trattasi di argumentum ab inconvenienti che mira a confutare l’interpretazione della fattispecie in esame per le conseguenze che potrebbe eventualmente avere in relazione a fattispecie diverse da essa, e comunque estranee all’oggetto dell’odierno ricorso. L’estraneità delle fattispecie richiamate al principio di diritto qui recepito rende l’argomento non pertinente sul piano logico e perciò inidoneo al mutamento della giurisprudenza. In ogni caso, a distinguere la fattispecie in esame da quelle richiamate nel motivo, vi è il costante riferimento nella giurisprudenza di questa Corte alla parasubordinazione, che connota il rapporto di lavoro con il personale medico convenzionato.
2. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 1965 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la corte territoriale ha omesso di considerare che gli attori hanno dichiarato di «accettare una somma omnicomprensiva a tacitazione totale e definitiva di ogni diritto e pretesa riferibile ai fatti per cui è causa e con l’effettivo incasso di quanto convenuto dichiarano di non aver più nulla a pretendere per qualsiasi titolo, ragione e/o causa», per cui, non vantando più alcun diritto i danti causa, il medico e … non possono agire in alcun modo nei confronti dell’…, con inevitabile cessazione della materia del contendere per tutte le parti del giudizio, e che la rinuncia agli atti del giudizio doveva intendersi nei confronti di tutte le parti processuali.
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 1916, comma 1, c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente, richiamato l’erroneo riferimento a Cass. n. 8620 del 2015 relativa al sinistro da circolazione stradale, che il diritto di surroga non può considerarsi operante non avendo mai gli attori esteso la domanda nei confronti dell’… e che, mentre l’indennizzo è la somma corrisposta dall’assicuratore, a titolo di reintegrazione patrimoniale, al verificarsi di un evento previsto dal contratto (infortunio, malattia, incendio), nel caso di specie …. ha corrisposto un vero e proprio risarcimento del danno, in forza del secondo comma dell’art. 1917.
3.1. Il secondo ed il terzo motivo, da valutare congiuntamente, sono infondati. Il fatto costitutivo del rapporto dedotto in giudizio da … con l’atto di intervento è il diritto che, nell’ambito della transazione per la quale l’interventore quale assicuratore del convenuto ha pagato agli attori un determinato importo, è stato attribuito ad … sia dagli attori, nei confronti dell’…, che dall’assicurato, nei confronti sempre dell’… nella qualità di coobligato destinatario dell’azione di regresso. L’attribuzione del diritto, così avvenuta, va diversamente qualificata, a seconda del dante causa.
Gli attori hanno ricevuto il pagamento da un terzo, non ricorrendo un rapporto obbligatorio fra costoro e l’assicuratore del convenuto. Trattandosi di pagamento ricevuto da un terzo, essi, nella qualità di creditori, hanno surrogato il pagatore nei diritti nei confronti dell’ATS, ai sensi dell’art. 1201 c.c.. La circostanza della mancata estensione della domanda da parte degli attori nei confronti dell’…, secondo quanto si afferma nel terzo motivo, non ha rilevanza, posto che in questione è la vicenda di diritto sostanziale che … ha dedotto in giudizio (per la prima volta) con l’atto di intervento. Quanto, invece, all’assicurato, costui ha ceduto all’assicuratore il diritto relativo all’azione di regresso esercitata nei confronti dell’…. In quest’ultimo caso, la cessione ha avuto effetto nei confronti dell’… con l’intervento in giudizio (come è noto, la notificazione della cessione di cui all’art. 1264 può verificarsi anche con l’evocazione in giudizio del debitore ceduto).
Alla luce di tale qualificazione giuridica, in funzione anche correttiva della motivazione della decisione impugnata ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 384 c.p.c., risulta evidente che non ha rilievo la circostanza della soddisfazione del credito degli attori con l’avvenuta transazione, trattandosi del presupposto della surrogazione per volontà del creditore, e che la rinuncia agli atti non poteva comportare l’estinzione del processo. Si dà inoltre così continuità al principio di diritto secondo cui, anche quando la domanda risarcitoria si fonda sull’erroneo operato del medico e non sui profili strutturali e organizzativi della struttura sanitaria, la transazione tra medico e danneggiato non impedisce l’esercizio dell’azione per l’accertamento della responsabilità della struttura ospedaliera – che non ha natura di responsabilità per fatto altrui, bensì per fatto proprio e, pertanto, non viene meno in conseguenza della liberazione del medico dalla propria obbligazione risarcitoria -, ma comporta unicamente che, nel compiere detto accertamento, il giudice debba indagare “incidenter tantum” sulla esistenza di una eventuale condotta colposa del sanitario (Cass. n. 26118 del 2021).
4. Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 115 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che, ad essere generico, è l’atto transattivo e che non possono essere imputate all’… le spese per l’accertamento tecnico preventivo. Aggiunge che non vi sono stati danni da invalidità permanente, ma solo danni differenziali di carattere temporaneo e che contraddittoriamente per un verso si riconosce la perdita anticipata della capacità lavorativa specifica, per l’altro si evidenzia che, anche nel caso di un corretto iter diagnostico- terapeutico nell’agosto del 2013, vi sarebbe stata una compromissione dell’integrità psico-fisica pari al 40%. Precisa che la corte territoriale non ha considerato che nel novembre 2016, a seguito del trapianto renale, la percentuale di perdita era stata ridotta al 40%, che non vi era impedimento per lo svolgimento di altre tipologie di lavoro e che la riduzione della potenziale attitudine all’attività lavorativa è ricompresa nel risarcimento del danno biologico. Aggiunge che quest’ultima deve essere accertata in concreto attraverso la puntuale e precisa dimostrazione della mancanza della persistenza, dopo l’evento, di una capacità generica di attendere ad altri lavori (di qualunque genere) e che il coinvolgimento diretto della moglie nell’assistenza dell’attore è una mera asserzione priva di allegazioni e prove.
4.1. Il motivo è inammissibile. Sotto il profilo della denuncia del vizio motivazionale, la censura si scontra con il divieto di cui all’art. 348 ter c.p.c. in presenza di c.d. doppia conforme, e senza che la ricorrente abbia dimostrato una divergenza delle ragioni di fatto alla base delle due decisioni di merito.
Sul resto delle censure, proposte in rubrica per violazione dell’art. 115 c.p.c., deve in primo luogo osservarsi che non risulta impugnata in modo idoneo la ratio decidendi in termini di difetto di specificità dei motivi di appello. La ricorrente si è limitata a negare il carattere di genericità dell’impugnazione, ma in violazione dell’onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c. ha omesso di indicare in modo specifico il contenuto del motivo di appello in ordine da dimostrarne la conformità al paradigma dell’art. 342 c.p.c.. Il giudizio di inammissibilità dell’appello resta così fermo all’esito del proposto motivo di ricorso. In ogni caso le censure attingono il giudizio di fatto ed implicano pertanto una valutazione di merito preclusa nella presente sede di legittimità. L’art. 115 è stato così richiamato proprio al livello della valutazione della prova, riservata al giudice del merito, e non per profili rilevanti nella presente sede di legittimità.
5. Con il quinto motivo si denuncia violazione degli artt. 1228, 1298 e 2055 c. c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la corte territoriale ha statuito per la manleva la misura del 50% su base meramente presuntiva per un fatto imputabile al solo medico di base e che, mancando il contratto di spedalità, non vi è concorso nella produzione del fatto dannoso, per cui non può farsi luogo alla ripartizione dell’onere risarcitorio.
5.1. Il motivo è infondato. Una volta che si assuma quale titolo di responsabilità l’art. 1228 c.c., correttamente la corte territoriale ha fatto applicazione del principio enunciato da questa Corte in relazione al rapporto interno fra struttura sanitaria e medico nel regime precedente l’intervento della legge n. 24 del 2017, ricorrendone il medesimo fondamento rappresentato dall’adempimento dell’obbligazione dell’assistenza medico-generica, sia pure non mediante personale dipendente, ma mediante personale convenzionato. In particolare, si è affermato che nel regime anteriore alla legge n. 24 del 2017 la responsabilità per i danni fra il medico e la struttura sanitaria deve essere ripartita in misura paritaria secondo il criterio presuntivo degli artt. 1298, comma 2, e 2055, comma 3, c.c., in quanto la struttura accetta il rischio connaturato all’utilizzazione di terzi per l’adempimento della propria obbligazione contrattuale (Cass. n. 28987 del 2019; n. 29001 del 2021; n. 34516 del 2023). Alla luce di quanto osservato a proposito del primo motivo, irrilevante è l’assenza di un contratto di spedalità.
6. Con il sesto motivo si denuncia violazione dell’art. 1228 c. c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., nonché omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che, se si ammette la responsabilità dell’… ai sensi dell’art. 1228, tale responsabilità è per fatto proprio, non per fatto altrui (Cass. n. 29001 del 2021), per cui in presenza di una responsabilità diretta per fatto proprio, per l’inadempimento all’obbligazione di prestare assistenza medico-generica, deve ritenersi sussistente la copertura assicurativa ai sensi dell’art. 2 della polizza e che l’art. 10 determina un’estensione di garanzia all’obbligazione principale derivante dalla responsabilità diretta dell’Ente. Aggiunge che l’obbligo assicurativo discende dalla responsabilità derivante dall’art. 1228. Il motivo è inammissibile. Non è in discussione che la responsabilità della struttura sanitaria integri, ai sensi dell’art.1228 c.c., una fattispecie di responsabilità diretta per fatto proprio, ma la questione che il motivo pone attiene esclusivamente all’interpretazione della volontà delle parti contrattuali. Il risultato ermeneutico raggiunto dal giudice del merito è nel senso dell’insussistenza della copertura assicurativa per il fatto, di cui l’… risponde direttamente, commesso da medico non a rapporto di dipendenza, nel caso di mancanza dell’obbligo per legge di copertura assicurativa. Accertando l’insussistenza di tale obbligo, la corte territoriale ha concluso nel senso della mancanza della copertura assicurativa.
Tale giudizio interpretativo non è stato impugnato sotto il profilo della violazione delle regole ermeneutiche previste dal codice civile, ma quale violazione dell’art. 1228, nonché quale vizio motivazionale. Sotto entrambi i profili si è fatto discendere l’esistenza dell’obbligo assicurativo dalla responsabilità ai sensi dell’art. 1228, ma trattasi di giudizio di fatto, in ordine al contenuto del contratto di assicurazione, che meramente si contrappone a quello del giudice del merito. Tale contrasto interpretativo sfugge al sindacato di legittimità.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso.
Come muoversi per chiedere il risarcimento?
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La legge è molto variegata sul punto e bisogna coordinare la legge nazionale con quelle regionali per comprendere quali sono i doveri in capo alla pubblica amministrazione da cui ne deriva l’obbligo di risarcire il danno se non si è provveduto al corretto contenimento.
Prima di avviare una causa è possibile avviare una mediazione civile per raggiungere un accordo stragiudiziale. La mediazione ha dei costi più contenuti di una causa e qualora l’amministrazione non vi partecipasse questo avrà delle conseguenze sulla ripartizione delle spese nel futuro giudizio.
L’alternativa è procedere con l’avvio di una causa avanti il Tribunale (o al Giudice di Pace in base al valore della controversia) oppure con un giudizio di ATP per verificare con una consulenza tecnica ante giudizio che determinerà in modo definitivo qual è stata la dinamica dell’incidente. Punto di partenza per comprendere l’estensione della responsabilità della pubblica amministrazione.
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