Risarcimento per violazione delle distanze legali: quali costruzioni devono rispettare le distanze e come si calcola il danno (Cass. 17561 e 17758/2024)

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Il regime delle distanze legali

Abbiamo spiegato in modo approfondito il tema delle distanze legali, e in particolare anche con riferimento alla situazione di Venezia, in questo nostro precedente articolo cui si rinvia per comodità: Usucapione delle distanze legali dal confine: si può

In generale il codice civile disciplina agli articoli 873 e seguenti il regime delle distanze legali. In generale il limite previsto dal codice di distanze minime delle costruzioni dal confine è di 3 metri.

Ma poi si differenziano in vari tipi di distanze. Ecco una descrizione delle principali distanze legali:

  • Distanze tra edifici: gli edifici devono mantenere una distanza di almeno tre metri tra loro, salvo diverse disposizioni dei regolamenti locali che possono prevedere distanze maggiori per esigenze urbanistiche.
  • Distanze dalle vedute: gli articoli 905 e seguenti regolano le distanze delle finestre, balconi e altre aperture che permettono di affacciarsi sulla proprietà altrui. Ad esempio, una finestra diretta (che permette di guardare direttamente nella proprietà del vicino) deve essere posta ad almeno 1,5 metri dal confine della proprietà.
  • Distanze delle piantagioni: l’articolo 892 stabilisce che gli alberi e le siepi devono rispettare determinate distanze dal confine del vicino, variabili a seconda del tipo di pianta. Per esempio, gli alberi di alto fusto devono essere piantati ad almeno tre metri dal confine.
  • Distanze per costruzioni particolari: alcune costruzioni come i muri divisori o le costruzioni di minor entità devono rispettare distanze specifiche. Ad esempio, l’articolo 878 prevede che un muro di cinta, che non superi i tre metri di altezza, può essere eretto sul confine della proprietà.
  • Distanze per impianti e installazioni: anche le distanze per impianti tecnologici (come antenne, canne fumarie, serbatoi) sono regolamentate per garantire sicurezza e rispetto delle proprietà vicine.

Le regole imposte dal codice sono però parziali in quanto i regolamenti locali (Regionali e Comunali, come ad es. quello del Comune di Venezia), spesso intervengono per stabilire regole specifiche che si applicano al territorio e bisogna coordinarne l’applicazione con quelle del codice. Per questi motivi è sempre bene chiedere il parere di un professionista in anticipo.

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Quali costruzioni devono rispettare le distanze?

Il regime delle distanze generale è che le costruzioni devono essere poste almeno a 3 metri dal confine, ma quali costruzioni devono rispettare questo limite?

Esiste un orientamento consolidato della Corte di Cassazione che è stato espresso nuovamente nella ordinanza 26 giugno 2024, n. 17561: “Questa Corte, da tempo, con giurisprudenza consolidata, afferma che, in tema di distanze legali, esiste, ai sensi dell’art. 873 c.c., una nozione unica di costruzione, consistente in qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata“.

Quindi si considera costruzione ai fini del rispetto del regime delle distanze legali qualsiasi opera che sia solida e immobilizzata al suolo.

Significa che, ad esempio, devono rispettare le distanze legali anche le casette degli attrezzi, forni, bidoni della spazzatura, garages etc…

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Il regolamento comunale può derogare alle regole del codice civile?

I regolamenti locali possono derogare e specificare meglio le regole generali stabilite dal codice civile, così fa ad esempio il regolamento edilizio del Comune di Venezia (vedi qui), ma alcuni concetti fondamentali non possono subire deroghe.

Uno di questi concetti fondamentali è, appunto, la nozione di “costruzione” come sopra precisata che i regolamenti locali non possono modificare.

Lo stabilisce la Cassazione: “la nozione di costruzione, agii effetti dell’art. 873 c.c., è unica e non può subire deroghe, sia pure ai limitato fine dei computo delle distanze legali, da parte delle norme secondarie, in quanto li rinvio contenuto nella seconda parte dei suddetto articolo ai regolamenti locali è circoscritto alla soia facoltà di stabilire una “distanza maggiore” (Cass. n. 19530/05, che in applicazione di questo principio ha cassato la sentenza dei giudice di merito che, sulla base di una disposizione dei regolamento edilizio comunale, aveva negato la qualità di costruzione ad un determinato manufatto; conforme, Cass. n. 1556/05 )”.

E specifica: “Orbene, la giurisprudenza di questa Corte è dei tutto costante nei ritenere che ai fini dell’applicazione delle norme sulle distanze dettate dagli artt. 873 e ss. c.c. o dalle diposizioni regolamentari integrative dei codice civile, per “costruzione” deve intendersi qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto ai suolo (cfr. ex pluribus, Cass. nn. 5753/14, 23189/12, 15972/11, 22127/09, 25837/08, S.U. 7067/92 e 3199/02), tecnica costruttiva adoperata e, segnatamente, dall’impiego di malta cementizia (Cass. n. 4196/87)” Cass., ordinanza 26 giugno 2024, n. 17561.

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Risarcimento per violazione delle distanze legali: come si prova il danno?

E’ un principio di diritto consolidato nella giurisprudenza della Cassazione quello che attiene al risarcimento del danno per violazione delle distanze legali: “principio di diritto, più volte affermato da questa Corte, secondo cui, in caso di violazione della normativa sulle distanze tra costruzioni, al proprietario confinante compete sia la tutela in forma specifica finalizzata al ripristino della situazione antecedente, sia la tutela in forma risarcitoria” Cass., 27/06/2024, n. 17758.

Non solo chi viola le distanze legali dovrà quindi abbattere la costruzione e ricostruirla alla distanza corretta, ma dovrà anche risarcire il danno. Come si prova il danno subito?

Nella sentenza citata la Cassazione riprende il principio stabilito dalle Sezioni Unite per cui il danno è presunto quando si tratta di violazione del diritto di proprietà perché questo diritto si configura come la capacità di godimento pieno ed esclusivo della cosa. Godimento che è venuto meno in tutto o in parte per la violazione del regime delle distanze legali.

Queste le parole della Cassazione: “Le Sezioni Unite hanno confermato la linea evolutiva della giurisprudenza della II Sezione Civile, nel senso che la locuzione “danno in re ipsa” va sostituita con quella di “danno presunto” o “danno normale”, privilegiando la prospettiva della presunzione basata su specifiche circostanze da cui inferire il pregiudizio allegato“.

E poi specificano perché il danno è presunto: “Le Sezioni Unite hanno, altresì, definito il danno risarcibile in presenza di violazione del contenuto del diritto di proprietà: esso riguarda non la cosa ma il diritto di godere in modo pieno ed esclusivo della cosa stessa sicché il danno risarcibile è rappresentato dalla specifica possibilità di esercizio del diritto di godere che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della violazione. Il nesso di causalità giuridica si stabilisce così fra la violazione del diritto di godere della cosa, integrante l’evento di danno condizionante il requisito dell’ ingiustizia, e la concreta possibilità di godimento che è stata persa a causa della violazione del diritto medesimo, quale danno conseguenza da risarcire“.

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Anche il camino-barbeque deve rispettare le distanze legali dal confine

I barbeque, i forni e in generale qualsiasi costruzione capace di causare immissioni devono rispettare uno specifico regime di distanze legali.

In particolare l’art. 890 del codice civile stabilisce che: “chi presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, vuole fabbricare forni, camini, magazzini di sale, stalle e simili, o vuol collocare materie umide o esplodenti o in altro modo nocive, ovvero impiantare macchinari, per i quali può sorgere pericolo di danni, deve osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza“.

Infatti, secondo il consolidato orientamento della Cassazione: “Il rispetto della distanza prevista per fabbriche e depositi nocivi e pericolosi dall’art. 890 c.c. è collegato ad una presunzione assoluta di nocività e pericolosità che è assoluta ove prevista da una norma del regolamento edilizio comunale, ed è invece relativa – e, come tale, superabile con la dimostrazione che, in relazione alla peculiarità della fattispecie ed agli accorgimenti usati, non esiste danno o pericolo per il fondo vicino – ove manchi una simile norma regolamentare” Cass., 27/06/2024, n. 17758.

Quindi anche nel caso dei forni e dei barbeque il rispetto delle distanze è fondato sulla tutela della salute dei vicini e il danno si presume.

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Inoltre, questa procedura permette di raggiungere un accordo che ha lo stesso valore di una sentenza del tribunale.

Se questo accordo non fosse però possibile o le altre parti non volessero partecipare alla mediazione questa sarà comunque utile per il successivo giudizio civile in quanto il comportamento viene valutato al fine di condannare al pagamento delle spese di giudizio.

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