Buche stradali e risarcimento danni: il danneggiato non deve dimostrare assenza di colpa Cassazione 18518/2024

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Buche stradali e risarcimento

La recente sentenza del Supremo Collegio offre interessanti spunti di riflessione in materia di responsabilità extracontrattuale per il risarcimento dei danni derivanti da incidente causato dalla scarsa cura nella tenuta del manto stradale.

In particolare i recenti orientamenti della Cassazione confermano che la Pubblica Amministrazione è responsabile della tenuta delle strade pubbliche ai sensi dell’art. 2051 c.c., che prevede: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito“.

Il giudice di legittimità ha stabilito in questa sentenza un importante principio che si conferma: chi ha subito il danno non deve dare prova della assenza di sua colpa nella verificazione del danno poiché gli è sufficiente dimostrare l’esistenza del nesso causale tra il bene e il danno. Infatti l’art. 2051 configura una responsabilità oggettiva di chi ha la custodia del bene che si può eliminare solo dimostrando l’intervento del caso fortuito.

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Il testo della sentenza n. 18158/2024

Di seguito il testo della sentenza della Cassazione del 8 luglio 2024, n. 18518:

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli III. mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Franco DE STEFANO – Presidente –
Dott. Marco ROSSETTI – Consigliere –
Dott. Cristiano VALLE – Consigliere –
Dott. Anna MOSCARINI Consigliere
Dott. Stefano Gia im e GUIZZI – Rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 29649-2021 proposto da:
… domiciliati presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentati e difesi dall’Avvocato …
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI …., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentato e difeso dall’Avvocato …
controricorrente Avverso la sentenza n. 985/2021 della Corte d’appello di Salerno, depositata in data 01/07/2021;

FATTI DI CAUSA
1. … nonché … ricorrono,sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 985/21, del 1° luglio 2021, della Corte d’appello di Salerno, che — respingendone il gravame avverso la sentenza n. 4823/16, del 18 novembre 2016, del Tribunale della stessa città — ha confermato il rigetto della domanda risarcitoria dagli stessi proposta, contro il Comune di …, per il ristoro dei danni,  “iure proprio”, conseguenti al decesso del loro congiunto avvenuto il 14 gennaio del 2001 a seguito di sinistro stradale occorsogli lungo una via cittadina.

2. Riferiscono, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti di aver adito l’autorità giudiziaria civile, dopo che in sede penale — nella quale essi si erano costituiti parte civile — era stata pronunciata sentenza di non doversi procedere, dal Giudice dell’udienza preliminare, nei confronti di due funzionari comunali addetti alla manutenzione della rete stradale, rinviati a giudizio per il reato di omicidio colposo.
L’iniziativa risarcitoria assunta verso l’ente municipale era diretta ad accertarne la responsabilità per le conseguenze del sinistro stradale occorso al loro familiare, il quale, mentre percorreva una strada cittadina a bordo di un motociclo, era finito con la ruota anteriore in una depressione del manto stradale di circa otto centimetri di profondità, perdendo così il controllo del mezzo e impattando, per l’effetto, con il fianco destro della moto contro un palo della pubblica illuminazione, perdendo la vita in conseguenza dell’urto.
L’adito Tribunale, nel contraddittorio con l’ente convenuto, dispose lo svolgimento di una consulenza tecnica d’ufficio per la ricostruzione della cinematica del sinistro, all’esito della quale rigettò la domanda. A tale conclusione, esso perveniva sul rilievo che la condotta imprudente del danneggiato — il quale non aveva rispettato il limite di velocità, né osservato le regole di comune prudenza (stante sia le condizioni metereologiche caratterizzate da forte vento, che l’orario notturno), non facendo neppure uso di un casco conforme alla normativa di sicurezza, avendone indossato uno c.d. “a scodella” — aveva avuto una incidenza causale esclusiva nella produzione dell’evento, tale da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno.
Siffatta decisione veniva confermata dal giudice d’appello, il quale ribadiva che la condotta del danneggiato aveva interrotto il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno, non essendo stato fornito alcun elemento idoneo a ritenere provata una condotta di guida della vittima diligente e prudente. Trattandosi, inoltre, di strada ben illuminata, ove il danneggiato si fosse attenuto alle regole di comune prudenza, in mancanza di insidia o trabocchetto, avrebbe certamente potuto evitare il sinistro.

3. Avverso la sentenza della Corte salernitana hanno proposto ricorso per cassazione i e la sulla base — come già detto — di due motivi.

3.1. Il primo motivo denuncia — ex art. 306 (recte: 360), comma 1, n. 3), cod. proc. civ. — violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 cod. civ., in relazione alla responsabilità dell’ente e al diritto al risarcimento del danno.
I ricorrenti contestano alla Corte del merito di non aver fatto corretta applicazione dell’art. 2051 cod. civ. e dunque del regime di responsabilità oggettiva che connota la fattispecie disciplinata da tale norma, per la cui configurazione è sufficiente la sola dimostrazione del nesso causale tra la condizione della “res” custodita (nella specie, l’anomalia del manto stradale) e l’evento dannoso.
Richiamate, in particolare, le risultanze sia della duplice consulenza espletata tanto in sede penale che civile, si evidenzia come le stesse abbiano confermato come il dislivello esistente sulla sede stradale “abbia avuto la funzione di «trampolino di lancio» per lo scooter che successivamente è andato ad impattare contro il palo con la conseguente caduta del conducente del motoveicolo”.
Errata, inoltre, sarebbe la valutazione espressa in ordine alla velocità del motociclo quale concausa del sinistro, perché risultato di una stima meramente presuntiva della velocità, tale da non poter assurgere a prova del fortuito.

3.2. Il secondo motivo denuncia — ex art. 306 (recte: 360), comma 1, nn. 3) e 5), cod. proc. civ. — violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 cod. civ., deducendo “nullità della sentenza nella parte in cui ritiene che il Comune avrebbe dimostrato l’esistenza del caso fortuito sufficiente ad escludere la sua responsabilità nella causazione del sinistro”, nonché “omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio” e “difetto di prova”.
I ricorrenti lamentano che il giudice del gravame abbia ritenuto sussistente la prova dell’interruzione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno facendo riferimento alle condizioni atmosferiche e alla condotta del danneggiato, sebbene tale conclusione non fosse supportata da oggettivi elementi di prova.
In particolare, essi censurano la sentenza impugnata là dove reputa raggiunta “la prova dell’interruzione del nesso causale in o quanto il fatto è derivato da un lato dall’eccezionalità della situazione meteorologica, e dall’altro dalla mancata prova del rispetto delle regole relative alla circolazione stradale da parte del conducente il motorino, il quale a fronte delle condizioni di luogo, strada percorsa di notte e con forte vento, non ha fornito alcun elemento idoneo a provare la condotta di guida diligente e prudente”.
Quanto, infatti, alla prima circostanza — la supposta eccezionalità delle raffiche di vento, rilevano i ricorrenti come agli atti del giudizio non sia stato depositato alcun bollettino meteo che l’attestasse. In merito, invece, alla condotta tenuta dalla stessa vittima del sinistro, i ricorrenti rilevano che, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., essendo la responsabilità da cose in custodia di natura presunta, ovvero basata sul fatto che il custode “si trovi in una determinata relazione di fatto con la cosa, avendone il potere di effettiva disponibilità e controllo”, ne deriva che “l’onere probatorio gravante sul danneggiato si esaurisce nella prova dei descritti presupposti”.
In subordine, i ricorrenti lamentano che il giudice del merito non abbia fatto applicazione dell’art. 1227 cod. civ., ai fini di prospettare solo una riduzione — e non il diniego — del risarcimento del danno.

4. Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, il Comune di Salerno, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.

5. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., inizialmente per l’adunanza camerale del 28 febbraio 2023, ma poi rinviata a nuovo ruolo — con ordinanza interlocutoria n. 10495/23 — per la necessità di esaminare tale ricorso unitamente ad altri di analogo contenuto, “tenuto conto della metodologia organizzativa già adottata in peculiari materie (come la responsabilità sanitaria, le esecuzioni civili, le assicurazioni ed ora la responsabilità da cose in custodia) dalla Terza sezione civile”.

6. I ricorrenti hanno presentato memoria.

7. Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.

RAGIONI DELLA DECISIONE

8. Il ricorso va accolto, nei termini di seguito precisati.

8.1. Il secondo motivo — che presenta carattere assorbente — è fondato.

8.1.1. Sull’ormai indiscusso presupposto della natura oggettiva della responsabilità del custode e della ontologica distinzione tra caso fortuito e fatto del danneggiato o del terzo, salva l’omogeneità delle ricadute “funzionali” sul piano della responsabilità e del risarcimento (per tutte, Cass. Sez. 3, cent. 27 aprile 2023, n. 11152, e successive conformi), è stato, ancora di recente, ribadito da questa Corte che il requisito legale “della rilevanza causale del fatto del danneggiato è la colpa, intesa come oggettiva inosservanza del comportamento di normale cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza”, e ciò perché , mentre “al pari della conca usa naturale, il fatto non colposo del danneggiato non incide sul risarcimento, al contrario il fatto colposo ne comporta la riduzione, secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate” (cosi, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 23 maggio 2023, n. 14228, Rv. 667836-02).
Da quanto precede deriva che “presupposti della responsabilità per i danni da cose in custodia, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., sono la derivazione del danno dalla cosa e la custodia”, sicché essi, “in quanto elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità speciale, ex art. 2051 cod. civ., devono essere provati dal danneggiato” (cosi, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 7 settembre 2023, n. 26142, Rv. 669110-01). “Incombe, invece, sul custode”, si è del pari ribadito, “la prova (liberatoria) della sussistenza del «caso fortuito», quale fatto (impeditivi del diritto al risarcimento) che esclude la derivazione del danno dalla cosa custodita”, da intendersi quale “fatto diverso dal fatto della cosa, estraneo alla relazione custodiale, che assorbe in sé l’efficienza causale dell’evento dannoso, escludendo che esso possa reputarsi cagionato dalla res” (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 26142 del 2023, cit.). La caratterizzazione oggettiva della nozione di “caso fortuito”, diversa da quella tradizionale che lo identificava con l’assenza di colpa (casus=non culpa), trova fondamento nell’orientamento, consolidatosi già da diversi anni nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. Sez. 3, ord. 1° febbraio 2018, nn. 2477, 2478, 2479, 2480, 2481, 2482 e 2483), nonché suggellato dal suo massimo consesso (Cass. Sez. Un., sent. 30 giugno 2022, n. 20943, Rv. 665084- 01), oltre che di recente ulteriormente ribadito (Cass. Sez. 3, sent. n. 11152 del 2023, cit.), “secondo il quale la responsabilità di cui all’art. 2051 cod. civ. ha natura di responsabilità oggettiva, la quale prescinde da ogni connotato si colpa, sia pure presunta, talché è sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore della derivazione del danno dalla cosa, nonché del rapporto di fatto custodia le tra la cosa medesima e il soggetto individuato come responsabile” (cfr., ancora una volta, Cass. Sez. 3, sent. n. 26142 del 2023, cit.).
Se, dunque, “la colpa del custode non integra un elemento costitutivo della sua responsabilità, la prova liberatoria che egli è onerato di dare, nell’ipotesi in cui il danneggiato abbia dimostrato il nesso di causalità tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, non può avere ad oggetto l’assenza di colpa (ovverosia, la posizione in essere, da parte sua, di una condotta conforme al modello di comportamento esigibile dalli horno eiusdem condicionis et professionis e allo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso), ma dovrà avere ad oggetto la sussistenza di un fatto (fortuito in senso stretto) o di un atto (del danneggiato o del terzo) che si pone esso stesso in relazione causale con l’evento di danno, caratterizzandosi, ai sensi dell’art. 41, secondo comma, primo periodo, cod. pen., come causa esclusiva di tale evento” (così, ancora una volta, Cass. Sez. 3, cent. n. 26142 del 2023, cit.).

8.1.2. Alla luce di tali principi, pertanto, erra gravemente la sentenza impugnata là dove addebita, a chi ha agito a norma dell’art. 2051 cod. civ. (ovvero, nella specie, ai congiunti della vittima del sinistro mortale), un onere probatorio gravante, invece, sul custode, affermando che parte attrice, “a fronte delle condizioni di luogo, strada percorsa di notte e con forte vento, non ha fornito alcun elemento idoneo a provare la condotta di guida diligente e prudente”.
Non è, infatti, il soggetto danneggiato — ricorrendo la fattispecie di cui all’art. 2051 cod. civ. — a dover provare la “diligenza e prudenza” (id est: l’assenza di colpa) nel relazionarsi con la “res” oggetto di custodia, non trattandosi di elemento costitutivo della fattispecie.
Né, in senso contrario, può sostenersi che la sentenza impugnata abbia individuato quale “caso fortuito” (e, dunque, quale autonoma “ratio decidendr, per escludere l’applicazione dell’art. 2051 cod. civ.) le condizioni meteorologiche che caratterizzarono lo stato dei luoghi in occasione del sinistro. La Corte territoriale, infatti, ha dato rilievo alla presenza di “forte vento”, non per attribuirvi “ex se” – quale fatto naturalisticamente inteso – idoneità ad interrompere il nesso tra “re” custodita ed evento dannoso, appunto quale caso fortuito, ma sempre (e solo) quale elemento in base al quale apprezzare il contegno della vittima del sinistro e, dunque, per ribadire come, anche alla luce di tale dato, fosse mancata la dimostrazione di una condotta di guida conforme alla condizione del luogo del sinistro, nell’occasione della sua verificazione.

8.2. Il primo motivo resta assorbito dall’accoglimento del secondo.

9. In conclusione, il secondo motivo di ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata in relazione, rinviando alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, per la decisione sul merito e sulle spese (ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità), in applicazione del seguente principio di diritto:
“in materia di responsabilità cx art. 2051 cod. civ., a carico del soggetto danneggiato sussiste l’onere di provare soltanto la derivazione del danno dalla cosa e la custodia della stessa da parte del preteso responsabile, non pure la propria assenza di colpa nel relazionarsi con essa”.

10. Infine, per la natura della causa petendi, va di ufficio disposta l’omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, delle generalità e degli altri dati identificativi dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

P. Q. M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiarando assorbito il primo e, per l’effetto, cassa in relazione la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione, per la decisione sul merito e sulle spese, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.

Come muoversi per chiedere il risarcimento?

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Se si ha avuto un incidente a causa delle condizioni del manto stradale o comunque sulla strada è utile anzitutto cercare di capire se la strada su cui si correva  rientrano nei casi sopra descritti per cui è possibile agire in giudizio per chiedere il risarcimento alla pubblica amministrazione competente.

La legge è molto variegata sul punto e bisogna coordinare la legge nazionale con quelle regionali per comprendere quali sono i doveri in capo alla pubblica amministrazione da cui ne deriva l’obbligo di risarcire il danno se non si è provveduto al corretto contenimento.

Prima di avviare una causa è possibile avviare una mediazione civile per raggiungere un accordo stragiudiziale. La mediazione ha dei costi più contenuti di una causa e qualora l’amministrazione non vi partecipasse questo avrà delle conseguenze sulla ripartizione delle spese nel futuro giudizio.

L’alternativa è procedere con l’avvio di una causa avanti il Tribunale (o al Giudice di Pace in base al valore della controversia) oppure con un giudizio di ATP per verificare con una consulenza tecnica ante giudizio che determinerà in modo definitivo qual è stata la dinamica dell’incidente. Punto di partenza per comprendere l’estensione della responsabilità della pubblica amministrazione.

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