Notai: recenti decisioni sulle nullità ex art. 28 l.n.

Indice:

Gli atti “espressamente proibiti dalla legge, o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico”

La previsione dell’art. 28 l.n. serve ad impedire che il notaio incappi nel rischio di nullità virtuali rispetto alle quali difetti una certezza del vizio, sia per non punirlo laddove non sia stato quantomeno superficiale nello studio delle regole della fattispecie, sia per non creare nei notai un timore eccessivo di incappare nei rigori dell’art. 28 l.n. con conseguente rifiuto di stipulare atti che non siano manifestamente validi. Lo ha detto chiaramente Cass., 11/03/2011, n. 5913, per la quale “la ratio della normativa in esame e le sue stesse origini storiche impongono di ritenere che al notaio non possono certo addossarsi compiti ermeneutici (con le connesse responsabilità) in presenza di incertezze interpretative oggettive. Invece l’irricevibilità dell’atto si giustifica, quando il divieto possa desumersi in via del tutto pacifica ed incontrastata da un orientamento interpretativo ormai consolidato sul punto”.

E’ stato infatti ribadito anche di recente che “il divieto per il notaio di ricevere atti nulli sussiste solo quando la nullità dell’atto sia inequivoca ed indiscutibile, dovendosi intendere l’avverbio espressamente, che nella L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 28 qualifica la categoria degli “atti proibiti dalla legge”, come “inequivocamente”; pertanto, tale divieto si riferisce a contrasti dell’atto con la legge che risultino in termini, appunto, inequivoci, anche se la sanzione della nullità deriva solo attraverso la disposizione generale dell’art. 1418 c.c., comma 1, ma per effetto di un consolidato orientamento interpretativo giurisprudenziale o dottrinale, nella specie mancante quanto alla nullità dell’atto di disposizione da parte di un coniuge in favore dell’altro della quota singola di bene ricadente nella comunione legale”: Cass., 24/01/2023, n. 2033 e, in precedenza Cass.,12/11/2013, n. 25408; 11/03/2011, n. 5913; 1/2/2008, n. 3526 ecc. a partire dalla sent. 11/11/1997 n. 11128.

Un’applicazione del principio: il trasferimento di quota di bene in comunione legale tra coniugi

Una volta ritenuto che i beni in comunione tra coniugi configurano una “comunione senza quote”, discende l’indisponibilità della quota che solo apparentemente è del singolo coniuge. Da ciò la sent. 24/01/2023, n. 2033 ha tratto sì che “il carattere di indisponibilità della quota singola del bene ricadente nella comunione fra coniugi porterebbe, comunque, ad una nullità dell’atto con cui la stessa sia alienata, come nella specie, per impossibilità del suo oggetto, ai sensi dell’art. 1418 c.c., comma 2, e art. 1346 c.c. art. 1346 – Requisiti c.c., ovvero per assoluta inidoneità del bene, non presente nel patrimonio del disponente, ad essere oggetto di alienazione“. Ma in applicazione del richiamato principio per ciu l’art. 28 l.n. “qualifica la categoria degli “atti proibiti dalla legge”, come “inequivocamente”; pertanto, tale divieto si riferisce a contrasti dell’atto con la legge che risultino in termini, appunto, inequivoci”, occorre allora -se la nullità sia virtuale e non testuale- che ciò risulti “per effetto di un consolidato orientamento interpretativo giurisprudenziale o dottrinale, nella specie mancante quanto alla nullità dell’atto di disposizione da parte di un coniuge in favore dell’altro della quota singola di bene ricadente nella comunione legale”.

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Irrilevanza di eventuali rimedi civilistici

E’ già dalla sentenza 7/11/2005, n. 21493, che la Cassazione afferma il principio per cui la nullità di una clausola, qui statutaria, anche se superata dalla disciplina legale che la sostituisca, non toglie la violazione disciplinare, come poi affermato più volte per le menzioni urbanistiche (v. infra). Il principio è che l’illecito è disciplinare e si consuma al momento della violazione, laddove eventuali rimedi civilistici (sostituzione ex lege, dichiarazioni di conferma ecc.).

Rileva l’annullabilità del contratto? Il problema delle delibere assembleari

Secondo Cass., 19/07/2016, n. 14766 “né la distinzione tra vizi di nullità e vizi di annullabilità della delibera assume rilevanza ai fini della configurabilità della responsabilità disciplinare del notaio. E’ esatto che – nell’interpretare la portata dell’art. 28, comma 1, n. 1), della legge notarile, che fa divieto al notaro di ricevere o autenticare atti “se essi sono espressamente proibiti dalla legge, o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico” – la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3^, 11 novembre 1997, n. 11128; Sez. 3^, 4 novembre 1998, n. 11071; Sez. 3^, 1 febbraio 2001, n. 1394; Sez. 3^, 7 novembre 2005, n. 21493; Sez. 3^, 14 febbraio 2008, n. 3526), con indirizzo consolidato, esclude dall’ambito di applicazione della norma gli atti annullabili e quelli inefficaci, limitando l’applicabilità del divieto ai soli atti affetti da nullità assoluta. Ma occorre considerare che, in tema di iscrizione nel registro delle imprese delle deliberazioni di società di capitali, dallo stesso notaio verbalizzate, ai sensi dell’art. 138 bis, della legge notarile (inserito dalla L. n. 340 del 2000, art. 32, comma 5, e, successivamente, sostituito dal D.Lgs. 10 agosto 2006, n. 249, art. 23, comma 1), la responsabilità disciplinare del notaio per violazione dell’art. 28, comma 1, n. 1), si configura quando il notaio chiede l’iscrizione della delibera risultando “manifestamente inesistenti le condizioni richieste dalla legge. Ai fini della responsabilità disciplinare del notaio, il divieto di iscrizione della delibera assembleare scatta, non nei soli casi di nullità delle delibere, ma ogniqualvolta la delibera stessa sia stata assunta in palese carenza delle condizioni di legge”.

La soluzione è corretta ma la prima frase porta ad equivoci: infatti l’art. 138 bis l.n. indica testualmente che il notaio che chiede l’iscrizione al registro imprese di una delibera che verbalizza “quando risultano manifestamente inesistenti le condizioni previste dalla legge viola l’art. 28 l.n.” e quindi la circostanza che queste delibere possano essere annullabili (art. 2377 c.c.) anziché nulle (art 2379 c.c.) non rileva, perché la violazione dell’art. 28 l.n. è testuale e non virtuale.

L’annullabilità dunque non è in linea generale rilevante

Lo ha detto proprio la sentenza 7/11/2005, n. 21493: “Come questa Corte ha già statuito (Cass., 11 novembre 1997, n. 11128; Cass., 4 novembre 1998, n. 11071; Cass., 19 febbraio 1998, n. 1766; Cass., 12 aprile 2000, n. 4657) il divieto in questione attiene ad ogni vizio che dia luogo a nullità assoluta dell’atto, con esclusione dei vizi che diano luogo solo all’annullabilità o all’inefficacia dell’atto ovvero alla nullità relativa” precisando anche che “Esulano da tale contesto i casi di nullità relativa, poichè proprio perchè rilevabili non d’ufficio o da chi vi abbia interesse, ma solo da chi è a ciò legittimato dalla legge, costituiscono, secondo la più’ avvertita dottrina, ipotesi strutturalmente simili all’annullabilità o all’inefficacia, pur conservando poi profili tipici della nullità, quali l’imprescrittibilità dell’azione e, secondo alcuni, anche l’irrinunciabilità e l’insanabilità“.

Nullità del contratto per indeterminabilità dell’oggetto:

Appartiene alle nozioni elementari del diritto dei contratti la necessità che l’oggetto sia determinato o determinabile; quando poi si provvede alla stipula di una vendita di beni immobili, le prescrizioni sia delle indicazioni da inserire nella nota di trascrizione ( ), sia della verifica dei dati catastali (art. 29 l. n. 52/1985) sono talmente pressanti da impedire che un oggetto possa venir descritto genericamente. Eppure la cassazione ha dovuto pronunciarsi in un caso in cui, sebbene fossero stati inseriti i dato catastali di una massa di immobili, nel rogito era stata anche inserita la precisazione per cui “La descrizione catastale degli immobili in oggetto deve intendersi come meramente indicativa, restando comunque inteso e convenuto che la presente compravendita ha per oggetto tutti i cespiti immobiliari posseduti dalla società venditrice nel territorio del Comune di ..”, indicazione che “appare sicuramente elusiva del requisito della determinabilità dell’oggetto del contratto”. Donde la conseguente nullità del contratto in base ai “costanti principi di questa Corte in base ai quali, nei contratti in cui è richiesta la forma scritta ” ad substantiam “, l’oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile sulla base degli elementi risultanti dal contratto stesso, non potendo farsi ricorso ad elementi estranei ad esso” (Cass., 31/01/2023, n. 2818).

Nullità per incapacità dell’interprete:

Cass., 13/09/2019, n. 22944 ha rilevato la nullità di un atto in cui l’interprete del muto analfabeta era un parente collaterale di terzo grado in violazione degli art. 56 r 50 l.n. mentre Cass. 21/05/2018, n. 12494 ha indicato che la nullità sussiste anche per l’atto di donazione a cui partecipa l’ava materna di una delle parti in qualità di testimone viola l’art. 50, comma 2, l. not.

Nullità della clausola sul diritto di voto:

rilevata in capo al notaio per aver nell’atto di costituzione di società a r.l. rogato il 17.10.2001, posto all’art, 9 una clausola che disponeva che “ogni socio ha un voto per ogni quota”, in violazione del principio maggioritario di cui all’art. 2485 c.c., secondo la quale ciascun socio ha diritto ad un voto per ciascun euro: sent. 7/11/2005, n. 21493.

Divieto di patti successori:

Per Cass. 21/11/2017, n. 27624  “sussiste patto successorio – come tale nullo ai sensi dell’art. 458 c.c. – allorquando, dall’accordo negoziale tra due o più parti, risulti che il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte alla propria successione, accettando di sottoporsi ad un vincolo giuridico che lo ha privato dello jus poenitendi” Questa la. fattispecie: una convenzione (espressamente dichiarata non modificabile senza l’accordo di entrambi i contraenti) con la quale due coniugi stabiliscono che, in caso di morte pressoché contemporanea, il cinquanta per cento degli utili dell’impresa esercitata dal marito spetti ai loro figli nella egual misura del cinquanta per cento ciascuno.

Nulla la procura a donare da usare all’estero:

Dalla quale non risulti con chiarezza l’autorizzazione al procuratore ad esercitare i poteri rappresentativi in un paese il cui ordinamento prevede la validità di un simile atto: sent. 28/02/2019, n. 6016.

Conformità catastale:

Ormai è noto che “la dichiarazione di conformità dell’immobile ai dati catastali ex art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52 del 1985, non può essere surrogata dalla mera dichiarazione di conformità delle planimetrie“: Cass., 29/08/2019, n. 21828 ed è stato chiarito da tempo che l’ipotesi eccezionale della sanatoria dell’atto nullo, consentita dal comma 1 bis dell’art. 29 l. n. 52/1985 quando manca la dichiarazione di conformità soggettiva, ha valore solo civilistico, non disciplinare. Infatti Cass., 15/09/2022, n. 27181 indica che “il divieto di rogare atti nulli “è violato nel momento stesso della redazione della clausola nulla, inserita in un atto rogato dal professionista, in quanto la redazione della clausola segna il momento di consumazione istantanea dell’illecito, sul quale non possono spiegare efficacia sanante o estintiva della punibilità eventuali rimedi predisposti dal legislatore per conservare ai fini privatistici l’atto (quali la sostituzione di diritto della clausola nulla con norma imperativa)”; nella stessa ipotesi v. anche Cass., 31/07/2020, n. 16519 e 29/08/2019, n. 21828.

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Rettifica ex art 59 bis l.n. che modifichi la sostanza dell’atto rettificato

E’ ben noto che la rettifica ex art 59 bis l.n. non può comportare la modifica dei trasferimenti o attribuzioni operate dalla parte, perché è consentita solo per gli errori di fatto esclusi quelli che accadono al momento della formazione dell’atto stesso. La cassazione ne ha tratto quindi un’ipotesi di nullità ex art 28 l.n. “’aver proceduto illegittimamente alla rettifica produce la nullità della rettifica stessa, che si riverbera sull’applicazione dell’art. 28 della L.N. In altri termini, deve affermarsi che il notaio, il quale attraverso la rettifica abbia modificato o fatto caducare effetti negoziali che si sono già prodotti ai sensi d i legge, eccede i limiti inderogabili a lui imposti dall’art. 59-bis L.N. e, pertanto, compie un atto vietato dalla legge sussumibile nell’alveo di applicabilità del regime della nullità previsto dal citato art. 28, comma 1, n. 1, della L.N., il quale – si noti – sancisce testualmente il divieto per il notaio di ricevere atti (in generale e non solo intervenire in contratti o negozi giuridici) che sono espressamente proibiti dalla legge“(sent. 27/10/2022, n. 31795).

A dire il vero sembra una sorta di gioco di parole: l’art. 59 bis non prevede una nullità; senonché la si ricava ugualmente in relazione all’art. 58 l.n., che al n. 4) sancisce la nullità dell’atto notarile per violazione dell’art. 47 l.n. che, al capoverso, si riferisce all’indagine sulla volontà delle parti e quindi solo in presenza di errori relativi a “dati preesistenti alla sua redazione” – dunque giammai alla volontà raccolta in atto- si può procedere alla rettifica.

Intervento del notaio su atti riservati al giudice

Per Cass., 09/06/2017, n. 14498, si viola l’art. 28 l.n. in presenza di un’autenticazione, da parte del notaio, di scrittura privata diretta alla modificazione di un provvedimento giurisdizionale, quale il decreto di trasferimento pronunciato dal giudice delegato in una procedura concorsuale.

Tuttavia, cambiando esattamente orientamento rispetto al passato, Cass., 19/05/2017, n. 12683 ha chiarito che “la dichiarazione confessoria contenuta in una scrittura privata, pur se autenticata da notaio, non costituisce un atto processuale, né un atto volto a precostituire una prova utilizzabile in sede giurisdizionale, perché l’efficacia privilegiata derivante dall’autenticazione si riferisce unicamente alla circostanza che una determinata dichiarazione sia stata resa e non anche al suo contenuto, né, infine, rientra tra gli atti di istruzione preventiva, la cui specifica disciplina è dettata dal codice di rito, sicchè deve escludersi che incorra nell’illecito disciplinare ex artt. 1 e 28 della legge notarile il notaio che proceda a tale autenticazione”.

Interesse proprio del notaio

Diversa l’ipotesi che l’art. 28 l.n. sanziona allorchè il notaio stipuli un atto in cui ricorra un suo interesse, “anche potenziale, secondo una valutazione ex ante“, che è stato rilevato allorché, nel ricevere un testamento pubblico, accetti che contenga la sua nomina ad esecutore testamentario: sent. 17/1/2023, n. 1174. Tuttavia per il Tribunale Latina 3/04/2020 (in Notariato, 2021, 548), “non sono considerati interessati all’atto, e dunque inidonei all’ufficio di testimoni, coloro che hanno un interesse indiretto e mediato alle vicende patrimoniali dei contraenti: non è rilevante un interesse semplicemente morale o eventuale, ma occorre che esso abbia attinenza con l’oggetto della regolamentazione negoziale e sia attuale, effettivo, diretto, immediato, personale ed economico. Determina l’inidoneità del testimone solo l’atto che sia idoneo a costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico o un vincolo di obbligazione riguardante la persona o il patrimonio del testimone” (fattispecie non disciplinare).

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