Innovazioni condominiali: diritti e limiti, la recente sentenza del Tribunale di Venezia

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Innovazioni condominiali: il caso oggetto della controversia avanti il Tribunale di Venezia

La controversia oggetto della sentenza riguarda una diatriba condominiale relativa all’installazione di un servoscala (cioè un montascale elettrico che permette a chi ha difficoltà di salire le scale) all’interno di un palazzo nel centro storico di Venezia. Con delibera dell’assemblea condominiale assunta in seconda convocazione, il Condominio approvava lo svolgimento dei lavori necessari per la sua realizzazione. I lavori comprendevano il rifacimento del portone di ingresso (in parte) e la modifica della struttura dell’androne interno per superare la barriera architettonica consistente nella scalinata d’ingresso.

I proprietari del negozio al piano terra erano però stati esclusi dalla assemblea condominiale in cui si è deliberato l’inizio dei lavori e ritenevano che così fossero dunque stati lesi i loro diritti di godimento dell’immobile (art. 1117 c.c.), in particolare delle aree comuni quale l’androne e la porta di ingresso, oltre che il loro diritto di partecipare alla assemblea (art. 1120 co. 2 c.c.).

I proprietari agivano dunque in giudizio contro il Condominio ritenendo che le opere consistevano in innovazioni condominiali e che erano state violate le relative norme.

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Oltretutto, gli attori sostenevano che la delibera del Condominio avesse violato anche il regolamento condominiale stesso che, all’art. 13, prevedeva dei limiti all’approvazione di innovazioni condominiali.

Infine, i proprietari del negozio si lamentavano che il verbale dell’assemblea che aveva approvato i lavori non avesse menzionato la consulenza tecnica fatta svolgere dal Condominio per valutare le diverse ipotesi di costruzione della struttura. Infatti, affermano che c’era la possibilità di scegliere altre vie di realizzazione meno invadenti della loro proprietà.

Il Condominio convenuto invece si difendeva sostenendo che le opere fossero a esclusivo vantaggio di solo alcuni dei condòmini e che, quindi, non fosse necessaria l’approvazione dei lavori da parte di tutti.

Che cosa costituisce un'”innovazione” condominiale?

Prima di affrontare il tema della disciplina che riguarda le innovazioni condominiali è necessario distinguere quelle opere che consistono in semplici “modificazioni apportate dal singolo condòmino o più condòmini per il miglior godimento della parti comuni” e, invece, quelle opere che configurano delle vere “innovazioni” condominiali.

Secondo la giurisprudenza della Cassazione: “costituisce innovazione ex art. 1120 cc., non qualsiasi modificazione della cosa comune, ma solamente quella che alteri l’entità materiale del bene operandone la trasformazione, ovvero determini la trasformazione della sua destinazione, nel senso che detto bene presenti, a seguito delle opere eseguite una diversa consistenza materiale ovvero sia utilizzato per fini diversi da quelli precedenti l’esecuzione delle opere“.

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Al contrario, si parla invece di opere dirette a garantire un miglior godimento del bene comune quando: ” la modificazione della cosa comune non assuma tale rilievo, ma risponda allo scopo di un uso del bene più intenso e proficuo, si versa nell’ambito dell’art. 1102 c.c.“.

La differenza è fondamentale perché dalla definizione dell’opera deriva l’applicazione di norme diverse. Tale differenza tra queste due tipologie di opere consiste dunque in questo: se la realizzazione dell’opera comporta una mutazione della destinazione d’uso del bene comune oppure comporta una trasformazione dell’entità materiale del bene comune stesso.

La disciplina delle innovazioni condominiali

Le innovazioni condominiali sono disciplinate all’art. 1120 del c.c. il quale stabilisce diverse tipologie di maggioranze necessarie a seconda del tipo di “innovazione” che si vuole realizzare.

L’art. 1120 riporta infatti alcuni casi che sono particolarmente delicati per i quali si prescrive che sia sufficiente per la loro approvazione la maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno la metà del valore del Condominio espresso in millesimi (cd. maggioranza semplice).

Il legislatore ha voluto semplificare l’approvazione di alcune innovazioni che si ritengono più utili, e sono:

  1. le opere volte a migliorare la sicurezza e salubrità degli edifici;
  2. le opere per eliminare le barriere architettoniche, contenere il consumo energetico, realizzare parcheggi o produrre energia;
  3. impianti per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a internet.

Si distinguono però da queste tutte le altre “innovazioni” che il legislatore tutela meno e per cui richiede che siano approvate a maggioranze più stringenti.

In tuti gli altri casi diversi da quelli elencati la loro approvazione deve essere deliberata dall’assemblea condominiale a maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresenti almeno 2/3 del valore totale del Condominio come espresso dalle tabelle millesimali.

I limiti: l’obbligo di rispettare la proprietà privata e il decoro condominiale

Un obbligo è però comune sia al caso in cui si voglia procedere alla realizzazione di innovazioni condominiali che in quello di realizzazione di mere modifiche della cosa comune per favorirne l’uso da parte di uno o più condomini: devono cioè essere comunque salvaguardati i limiti del rispetto dei beni di proprietà esclusiva dei singoli condomini e del decoro architettonico dell’edificio condominiale.

La realizzazione di opere che riguardano il Condominio non può infatti violare la proprietà privata (che è comunque tutelata dalla Costituzione ex art. 42) e, questo è più delicato, il decoro.

La Cassazione ha definito il decoro come ciò che: “corrisponde all’estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti dell’edificio, nonché all’edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edificio di particolare pregio artistico“.

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Il decoro architettonico è infatti tutelato perché la sua violazione può comportare una diminuzione del valore dell’intero edificio (e quindi anche delle singole unità immobiliari che lo compongono). In ogni caso, il Tribunale deve valutare in concreto se il decoro è stato leso.

Il diritto di servirsi della cosa comune e il principio di solidarietà condominiale

Ogni condòmino ai sensi dell’art. 1102 c.c. ha il diritto di servirsi della cosa comune nel modo che più ritiene opportuno purché, così facendo, non ne alteri la destinazione d’uso e non impedisca ad altri di farne ugual uso. Appunto perché si tratta di un bene comune.

Per quanto riguarda l’installazione di un servoscala e, comunque, per quanto riguarda qualsiasi opera volta ad eliminare barriere architettoniche presenti, si deve ricordare peraltro l’esistenza della legge n. 13 del 1989, ora in gran parte abrogata, che ha posto le basi per lo sviluppo del cd. principio di solidarietà condominiale.

Per quanto riguarda, tra le altre, le opere relative al superamento ed eliminazione di barriere architettoniche negli edifici privati, la normativa prima entrata in vigore nel 1989 e poi trasfusa nel codice civile all’art. 1120 costituisce anche espressione di un principio di solidarietà sociale volto  a favorire l’accessibilità agli edifici a persone portatrici di handicap ovvero affette da difficoltà motorie, anche semplificando il processo di approvazione dei lavori stessi.

In conclusione: la distinzione tra mere modificazioni e innovazioni

Il Tribunale di Venezia conclude dando ragione a tutte e due le parti.

Infatti per quanto riguarda la realizzazione del servoscala non era necessaria alcuna autorizzazione dell’assemblea perché ai sensi dell’art. 1102 c.c., si tratta di una mera modificazione della cosa al fine di permetterne il più agevole uso da parte di alcuni condomini, tramite eliminazione di una barriera architettonica.

Quest’opera non comporta alcun effetto trasformativo della destinazione d’uso del bene comune (scale) né alcun pregiudizio al pari uso da parte degli altri condomini.

Per quanto riguarda invece la realizzazione di un nuovo portone di ingresso del Condominio invece questa sì che viola l’art. 1120 c.c. e dunque la delibera assembleare che l’ha approvata è annullabile.

Infatti quest’opera configura un intervento trasformativo della proprietà e quindi una vera e propria “innovazione” ai sensi dell’art. 1120 c.c., che, non trattandosi di una di quelle elencate dalla norma, deve essere approvata con la maggioranza “qualificata” (cioè la maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresenti almeno 2/3 del valore totale del Condominio come espresso dalle tabelle millesimali).

Quindi la delibera assembleare è viziata (e quindi annullabile) perché, da un lato, la delibera era stata assunta in violazione delle maggioranze previste dall’art. 1120 c.c. e, dall’altro lato, l’opera inficia il diritto di godimento di tutti i condòmini perchè comportava una diminuzione della visibilità della vetrina del negozio (anch’esso parte del Condominio).

Come tutelare i propri diritti di condòmino?

Per comprendere se i propri diritti di condòmino sono stati violati da un abuso dell’assemblea condominiale delle maggioranze necessarie per l’approvazione delle innovazioni condominiali oppure se è necessario comprendere quali maggioranze sono richieste per l’approvazione di determinate innovazioni è possibile ricorrere anzitutto allo strumento della mediazione.

La mediazione è infatti uno strumento dai costi contenuti che permette di cercare di risolvere stragiudizialmente la controversia facendo salvi i diritti delle parti che nel frattempo non si prescriveranno (il termine di impugnazione delle delibere annullabili è infatti di 30 giorni!).

Successivamente, se non si trovasse un accordo, sarà sempre possibile ricorrere al giudizio. 

Tribunale Venezia sentenza n. 297 del 30 gennaio 2024 – condominio innovazioni

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