Contratto preliminare e permesso di costruire: è obbligatorio inserirlo!

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Contratto preliminare e permesso di costruire: è valido se privo?

La Corte di Cassazione afferma da tempo che i requisiti di validità del contratto preliminare di trasferimento di beni immobili non sono identici a quelli del contratto definitivo, proprio per l’efficacia obbligatoria dei contratti preliminari.

Ovviamente alcuni degli attributi necessari per la validità dei contratti preliminari e di quelli definitivi sono uguali perché si tratta sempre di contratti e quindi devono rispettare i requisiti indicati dall’art. 1325 del codice civile.

Ci sono alcuni requisiti che riguardano solo il contratto definitivo: ad es. l’obbligo di indicare gli estremi del “permesso di costruire” (il titolo abilitativo alla costruzione) a pena di nullità del contratto stesso.

A contrario il permesso di costruire non deve essere indicato nel contratto preliminare.

La Cassazione riunita in Sezioni Unite lo ha confermato in una recente sentenza, la n. 25021 del 7 ottobre 2019: “Restano fuori dal campo di applicazione della L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 2, così come – d’altra parte – dal campo di applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, comma 1, (e prima della L. n. 47 del 1985, art. 17, comma 1), gli atti mortis causa e, tra quelli inter vivos, gli atti privi di efficacia traslativa reale (ossia quelli ad effetti meramente obbligatori), gli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù (espressamente esclusi dalle richiamate disposizioni) e – come si vedrà nel prosieguo – gli atti derivanti da procedure esecutive immobiliari individuali o concorsuali (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, comma 5, e L. n. 47 del 1985, art. 40, commi 5 e 6)

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L’indicazione del permesso di costruire nelle sentenze: le divisioni

Anche se la Cassazione afferma che la presentazione del permesso di costruire non sia necessario nei contratti preliminari non dà una soluzione sempre applicabile. Si ha un diverso problema ad esempio quando una sentenza del Tribunale disponga il trasferimento di beni immobili.

Questo può succedere nel caso delle divisioni giudiziali. Qui, il trasferimento di un immobile può svolgersi sia attraverso un contratto preliminare sia attraverso una sentenza del giudice. In quest’ultimo caso è però necessario che l’immobile sia in regola con la disciplina urbanistica.

La Cassazione in una recente sentenza, la n. 16537 del 31 luglio 2020, che si richiama alla pronuncia delle Sezioni Unite sopra riportata, si è così espressa:
quando sia proposta domanda di scioglimento di una comunione (ordinaria o ereditaria che sia), il giudice non può disporre la divisione che abbia ad oggetto un fabbricato abusivo o parti di esso, in assenza della dichiarazione circa gli estremi della concessione edilizia e degli atti ad essa equipollenti, come richiesti dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46 e dalla L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 2

Inoltre aggiunge la Cassazione che al giudice non è permesso trasferire l’immobile nemmeno se questo sia condonabile, anche in astratto, perché:
in assenza della dichiarazione degli estremi della concessione edilizia ed, in mancanza, di allegazione della domanda di concessione in sanatoria, con gli estremi del versamento delle predette rate, infatti, il giudice non può disporre la divisione di edifici o loro parti

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…e per l’esecuzione forzata dei contratti preliminari

Menzionare gli estremi del permesso di costruire serve anche nei casi in cui è pronunciata una sentenza che obbliga al trasferimento del bene immobile ex art. 2932 cod. civ.

La Cassazione lo ha ribadito di recente nella sentenza del 25 giugno 2020, n. 12654:

in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, la sentenza di trasferimento coattivo prevista dall’art. 2932 c.c., non può essere emanata in assenza della dichiarazione – contenuta nel preliminare o successivamente prodotta in giudizio – sugli estremi della concessione edilizia, che costituisce requisito richiesto a pena di nullità del contratto traslativo dalla L. n. 47 del 1985, art. 17 (ora sostituito dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46) e della stessa L. n. 47 del 1985, art. 40.

Tale principio si fonda sul due presupposti: per un verso, la pronuncia giudiziale, avendo funzione sostitutiva di un atto negoziale dovuto, non può realizzare un effetto maggiore e diverso da quello che sarebbe stato possibile alle parti, nè, comunque, un effetto che eluda le norme di legge che governano, nella forma e nel contenuto, l’autonomia negoziale delle parti; per altro verso, la possibilità di successiva “conferma”, con effetto sanante, del contratto nullo – secondo il disposto della L. n. 47 del 1985, art. 17, comma 4 e art. 40, comma 3 e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, comma 4 – non influenza la disciplina della sentenza ex art. 2932 c.c., attesa l’evidente incompatibilità tra l’istituto della conferma dell’atto nullo, previsto dalla predetta disposizione, e le peculiari caratteristiche della sentenza e l’autorità del giudicato che questa è destinata ad acquistare (sentt. nn. 1199/97, 5902/02, 9647/06, 13225/08, 8489/16, 1505/18, 21721/19)”

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E la conformità catastale?

Un ulteriore problema si apre nel corso di un giudizio per l’esecuzione forzata di un trasferimento di immobile ex art. 2932 c.c. che riguarda la verifica della conformità catastale (art. 29 legge n. 52/1984).

La Corte di Cassazione ha affrontato questo tema recentemente evidenziando che la menzione degli estremi del permesso di costruire nella sentenza che dispone il trasferimento coatto non è necessaria, ma è comunque necessario che il giudice ne controlli la sussistenza:

Secondo un orientamento diffuso in dottrina la norma di cui alla L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1 bis, introdotto con D.L. n. 78 del 2010, convertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, si riferisce solo agli atti pubblici e alle scritture private (unici titoli idonei alla trascrizione e alla voltura catastale), ma, non anche ai provvedimenti giudiziari di trasferimento di diritti reali, i quali, invece, null’altro dovrebbero contenere se non l’indicazione dei dati catastali, non essendo immaginabile che un atto giudiziario contenga alcuna dichiarazione e/o attestazione di un tecnico. Tuttavia, considerato che la ratio legis è quella di assicurare la c.d. congruenza o coerenza oggettiva e soggettiva delle risultanze catastali rispetto ai dati ricavabili dai registri immobiliari, “l’esclusione”, appena indicata, non appare condivisibile, almeno nella forma assoluta, per gli inevitabili inconvenienti che ciò potrebbe comportare. Piuttosto, appare ragionevole ritenere che, per gli atti giudiziari di trasferimento di diritti reali (sentenze o decreti), l’accertamento richiesto dalla legge, più che essere riferito nell’atto giudiziario, è necessario che sia stato acquisito al processo. Con la conseguenza che, il mancato riferimento, nell’atto giudiziale di trasferimento, dei dati di cui alla normativa in esame non determinerebbe un vizio dell’atto giudiziario, nel caso in esame, della sentenza, ma l’omesso accertamento di un fatto decisivo per il giudizio”.

Tuttavia la Cassazione non esclude qualsiasi controllo nel merito della conformità catastale affermando che il giudice debba comunque verificarla facendo riferimento alla consulenza tecnica, se non fosse stata dimostrata in altro modo dalle parti.

Conclusioni: l’importanza della correttezza formale nel contratto preliminare

Il contratto preliminare di trasferimento di immobili per essere adeguato ed efficiente deve essere completo di tutti i requisiti necessari per permetterne anche la sua esecuzione forzata, se mai si fosse obbligati a rivolgersi al giudice.

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